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Per superare la crisi riscopriamo (e rinnoviamo) il vecchio modello europeo

la soluzione americana... [1]

la soluzione americana...

Crisi, riflessioni dopo Davos

GLI SPOT DEL SUPERBOWL, LA SPERANZA EUROPEA

Intervento su Il Messaggero del 6 febbraio 2009

di Romano Prodi

IL DISASTRO dell`economia mondiale è così grande che, al vertice di Davos [2], perfino i no-global non sapevano che pesci prendere. Nonostante ì drammi causati dal crollo dell`economia erano infatti ben pochi a protestare. Le proteste, inoltre, non si rivolgevano verso le difficili decisioni da prendere o le spaventose ingiustizie da sanare, ma si concentravano nel contestare il fatto che a parlare di rimedi fossero soprattutto coloro che erano stati la causa della crisi.

Se questo avveniva nelle strade di Ginevra e Davos non minore era la confusione nei saloni dove si svolgevano i dibattiti e le discussioni. Tre sentimenti sono tuttavia emersi sopra tutti- gli altri nei giorni dì Davos, cioè un sentimento di paura, uno di imbarazzo e uno di speranza.

Il sentimento di paura è quello del protezionismo. Non solo il protezionismo sul commercio dei beni, ma anche riguardo alla circolazione dei capitali e alla mobilità della mano d`opera. Ed è una paura giustificata perché gli americani minacciano misure contro le importazioni (una sorta di “buy american [3]“), i francesi sembrano orientarsi verso una politica di aiuti limitata alle imprese nazionali, e gli esempi potrebbero essere moltiplicati.
Quanto al mondo del lavoro, come sta avvenendo in Gran Bretagna, la politica contro gli operai stranieri [4] sta raggiungendo ovunque elevatissimi livelli di popolarità [5],  se perfino un ministro del Governo italiano ha dichiarato che i lavoratori inglesi sono un modello [6] a cui ispirarsi. Se questo processo non viene arrestato da un coordinamento delle politiche di tutti i grande Paesi, non solo la crisi si aggraverà ma ne usciremo fuori solo fra moltissimi anni.

Il secondo sentimento (di imbarazzo) riguarda il nuovo ruolo che i governi stanno assumendo nella vita economica mondiale per effetto di anni di errori politici e di mancanze etiche. Dal punto di vista politico troppi pensavano (o tentavano di farci credere) che il mercato da solo è sempre capace di riequilibrare il sistema economico e di correggerne gli errori. Per coloro che avevano seguito questa dottrina giudicandola infallibile è infatti imbarazzante dover ammettere la necessità di un massiccio intervento dello Stato per impedire che le banche (e di conseguenza le imprese) crollino come castelli di carta. L`allargamento dell`intervento pubblico appare quasi la soluzione di ogni problema.  Siamo ormai arrivati all`assurdo che proprio coloro che in passato avevano sostenuto necessario il ruolo dello stato come arbitro autorevole e severo del quadro economico debbano ora adoperarsi perché  l`intervento pubblico non diventi troppo  pesante e non pregiudichi il necessario funzionamento del mercato. Essere arbitro autorevole e severo significa oggi applicare regole e comportamenti etici che sono stati ignorati o calpestati nei passati due decenni.
Non esiste infatti un`economia senza regole e senza la forza di chi le faccia rispettare.

Il terzo sentimento (quello di speranza) riguarda il ruolo futuro dell`Europa.
Un`Europa che era nata non solo per creare sviluppo, ma anche per costruire una politica di maggiore equilibrio fra Paesi ricchi e Paesi poveri e per dare un minimo di sicurezza a tutti i propri cittadini, anche e soprattutto nei momenti di difficoltà.
Un`Europa che è nata per promuovere il mercato ma anche per proteggere i cittadini dalle suemancanze e dai suoi errori .
Un`Europa in cui Stato e mercato giocano un ruolo distinto macomplementare e sono entrambi sottomessi a precise regole e in cui la protezione dei più deboli nei momenti di difficoltà non deriva dalla carità o da buoni sentimenti, ma da obblighi di comportamento collettivo e dal riconoscimento dei diritti delle persone.
Nel primo dopoguerra per definire il modello europeo, si usava la definizione di “economia sociale di mercato”.
È una terminologia un po` antica ma che rende bene l`idea della direzione da tenere in questo momento critico e del ruolo di equilibrio che l`Europa potrà e dovrà svolgere nel mondo.
Vorrei concludere con una riflessione finale che non mi appare inappropriata.

Pochi giorni fa si è svolto negli Stati Uniti il famoso “Superbowl [7]” l`avvenimento sportivo più seguito da tutti gli americani.
Basti pensare che i telespettatori sono solitamente superiori di numero rispetto agli americani che si recano a votare alle elezioni presidenziali. Potete immaginare quale cifra astronomica costino gli spot pubblicitari durante questo avvenimento.
Ebbene i telespettatori si sono trovati di fronte a uno spazio pubblicitario (chiamato cash for gold) che offriva “la migliore valutazione” ai milioni di cittadini che erano costretti a vendere gli anelli o le collane d`oro per potere tirare avanti.
Mentre un`altra pubblicità prometteva di restituire il prezzo di acquisto di un`automobile a chi fosse successivamente rimasto disoccupato. Sono questi gli aggiustamenti che noi affidiamo al mercato?
lo penso di no.

Penso perciò che valga la pena di riprendere in esame e riscoprire (rinnovandolo) il vecchio modello europeo.