- Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli - http://www.fondazionepopoli.org -

Intervento di Romano Prodi all’apertura dei lavori della Conferenza dei donatori per la rivitalizzazione del Lago Tchad

[1]Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli

Commissione del Bacino del Lago Tchad

Conferenza dei donatori

per la rivitalizzazione del Lago Tchad

Bologna – Rimini; Italia 4-5 aprile 2014

Intervento del Professor Romano Prodi

Bologna, 4 aprile 2014

A nome della Fondazione per la Collaborazione fra i Popoli, desidero esprimere un caloroso benvenuto a tutti i partecipanti presenti oggi e a quanti animeranno domani la conferenza donatori [2] riunita su iniziativa della Commissione per il Bacino del Lago Ciad al fine di dare avvio al grande progetto di rivitalizzazione del lago omonimo. A questo benvenuto desidero aggiungere la mia personale soddisfazione e il mio deciso incoraggiamento per un’iniziativa che ritengo meritevole del più ampio consenso e di un sostegno senza riserve da parte della comunità internazionale.

Voglio in particolare sottolineare il significato politico di un’intesa fra Stati che hanno deciso di farsi direttamente carico di un drammatico problema che minaccia la sopravvivenza di intere popolazioni e di un ecosistema che rischia di scomparire.

Si parla sempre più spesso da alcuni anni di “rinascimento africano” nel senso di una maggiore capacità dei paesi del continente a far fronte alle innumerevoli sfide a cui sono sottoposti. Penso che questa iniziativa e questa conferenza – che spero possano concludersi con risultati positivi e con l’attivazione sul terreno dei primi interventi da essa previsti – rappresenti una manifestazione forte, importante ed irreversibile di questo “rinascimento”.

Sappiamo tutti che per motivi diversi il lago Ciad sta scomparendo. Negli ultimi 50 anni uno dei maggiori bacini di acqua dolce dell’Africa ha visto ridurre la propria superficie di quasi il 90% (da oltre 25 000 km2 a meno di 2500 km2). Un danno enorme per l’equilibrio ambientale e per la vita di popolazioni sempre più numerose che vivono in zone desertiche. Se continueremo ad osservare il fenomeno senza reagire; a studiarne le caratteristiche senza affrontarne le cause; ad accusarci reciprocamente aspettando che qualcun altro intervenga al nostro posto senza assumere le nostre responsabilità, non potremo aspettarci altra conclusione che il prosciugamento definitivo di quello che resta del lago. Un disastro ecologico ed umanitario di enormi proporzioni che non può essere evitato se non intervenendo oggi stesso, con coraggiose e straordinarie iniziative come intendono fare i Paesi più direttamente interessati, chiamandoci a sostenerli in tale azione.

Sono anche molti anni che la società scientifica ed operatori internazionali hanno illustrato diverse proposte di intervento, ciascuna delle quali ha avuto detrattori e sostenitori, e ciascuna delle quali è rimasta poi inapplicata in attesa di una decisone definitiva. Non posso tralasciare di fare qui un particolare riferimento al progetto Transaqua – a cui gli stessi attuali documenti progettuali della Commissione per il Bacino del lago Ciad si richiamano – che oltre un trentennio fa – nei tempi in cui casualmente io ero presente – prospettava l’idea di una grandiosa infrastruttura multifunzionale capace di trasferire un volume considerevole di acqua dal fiume Congo al limitrofo lago Ciad.

Vi sono tuttavia molti altri interventi che debbono essere concordati e rapidamente messi in atto per invertire il processo in corso e per aiutare le popolazioni ad assumersi le responsabilità e i compiti necessari per un generale riscatto dell’area del bacino del lago Ciad.

Concordo quindi con i Governi della Commissione del Bacino sull’urgenza di intervenire e sulla formula adottata, la cui filosofia nel dare concreta attuazione ai lavori immediati ed improcrastinabili per migliorare l’esistente con la contemporanea azione di approfondimento ed aggiornamento degli studi necessari per dare avvio alle opere idrauliche e strutturali che dovranno assicurare la soluzione definitiva del problema.

Non sta a me in questa sede illustrare i contenuti tecnici del programma e le sue caratteristiche né sta a me , tantomeno, manifestare preferenze. Tuttavia, è necessario sottolineare che non sono state solo particolari condizioni geografiche e climatiche ad avere prosciugato le acque del lago. L’uomo e le decisioni degli attori politici di quella regione sono in molta parte responsabili della situazione odierna.

[3]Il programma deve dunque farsi carico di due tipi diversi di fattori. In primo luogo, deve essere fondato su aspetti tecnici quali la riorganizzazione dei sistemi produttivi e la manutenzione e la riabilitazione degli attuali sistemi di irrigazione. In secondo luogo, deve affrontare questioni politiche come il potenziamento della governance locale e della cooperazione internazionale e il monitoraggio qualificato e permanente della situazione.

Tutto ciò va in parallelo con la realizzazione delle indispensabili opere infrastrutturali: dighe e canali che riforniranno il bacino del lago Ciad di un flusso addizionale di acqua derivata dal fiume Ubangi che riuscirà a ristabilire i livelli idrici preesistenti. Tali opere forniranno inoltre energia da fonti rinnovabili e non inquinanti, fondamentale per contribuire allo sviluppo sostenibile della regione.

La mia esperienza di Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite nel Sahel mi ha convinto che sulla instabilità e sui conflitti che insanguinano e rallentano lo sviluppo della regione pesa gravemente la perdurante condizione di povertà di quelle popolazioni. Malgrado una straordinaria capacità di adattamento alle difficili condizioni climatiche, è evidente che queste popolazioni possono contare solo su risorse scarse per far fronte ai più semplici bisogni quotidiani. È normale che in tali condizioni la lotta per la sopravvivenza e per il controllo delle risorse scarse tenda ad acuirsi. La crescita demografica non ha fatto che accentuare le tensioni esistenti e a rendere più complicata la convivenza pacifica. La necessità di agire diventa ancora più drammatica se si tiene conto delle previsioni demografiche, che prevedono aumenti della popolazione ancora più forti nel futuro. Gli Stati della regione soffrono d’altra parte quasi dappertutto di condizioni di fragilità dovute talvolta a differenze culturali tra le popolazioni. Si tratta quindi di paesi caratterizzati da un fragile equilibrio che può essere spezzato da interferenze esterne (ed oggi in primo luogo dalle devastanti azioni del terrorismo internazionale e degli estremismi religiosi) che minano ulteriormente la solidità degli Stati, oppure anche da cause naturali che tendono ad aggravare le condizioni di povertà. Mi è capitato di dire più volte che la pace può essere efficacemente promossa nella regione solo attraverso un più equilibrato e sostenibile sviluppo economico. Sebbene interventi militari, volti a proteggere i diritti umani e a ristabilire la convivenza pacifica, sono talvolta indispensabili, non si può dimenticare che non solo i loro costi vanno ben oltre il pur elevato prezzo per finanziare lo sviluppo economico e sociale, ma i loro effetti non sono spesso né risolutivi né duraturi. La strada per costruire la pace è la strada dello sviluppo e il progetto che ci viene presentato oggi rientra pienamente in questa visione. Progetto la cui solidità risulta rafforzata dalle migliorate prospettive di crescita economica dei Paesi dell’area, in parte dovute alle maggiori disponibilità minerarie.

La Fondazione per la Collaborazione fra i Popoli continuerà ad impegnarsi per sostenere la realizzazione di questa iniziativa. Cercheremo di offrire ai nostri amici africani l’appoggio più convinto. Siamo pronti fra l’altro a dar vita, in collaborazione con il Centro Relazioni con l’Africa della Società Geografica Italiana (CRA-SGI), ad un comitato scientifico di alto profilo ed esperienza per fornire assistenza, consulenza e collaborazione alla Commissione per il Bacino del Lago Ciad per l’attuazione dell’iniziativa. Abbiamo il concreto sostegno del governo italiano e a questo proposito saluto il sottosegretario Lapo Pistelli che è appena giunto in rappresentanza del governo stesso, per rendere operativo tale comitato che è pronto a operare e che si mette fin d’ora a disposizione della Commissione.

Spetta adesso alla comunità internazionale di concorrere con generosità alla riuscita di questo progetto. Si tratta di dare un esempio che deve insegnare che anche i peggiori disastri ambientali, a cui in questo caso ha contribuito anche la mano dell’uomo, possono essere governati con interventi di lungo respiro e in cui vengano coinvolti tutti gli attori politici e sociali locali. Tali interventi devono essere volti a produrre benefici duraturi alle popolazioni e preservare anche la necessaria biodiversità, ristabilendo gli equilibri dell’ecosistema. Essi devono rafforzare allo stesso tempo la collaborazione fra i popoli e migliorare la convivenza pacifica.

Mi auguro dunque che questa conferenza possa mobilitare le risorse necessarie alla realizzazione di questo progetto, a cui la comunità internazionale non deve far mancare sostegno e collaborazione. La Commissione del Bacino Lago Ciad deve da parte sua deve impegnarsi a garantire la trasparenza e l’efficacia dei suoi interventi in piena sintonia con i suoi partner rispettando le naturali esigenze ed aspirazioni di tutte le popolazioni locali.