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There is a curve in history: let’s bring the talents back home, if not it’s over

[1]«C’è una curva della storia, se Bologna si stacca è finita. Il ritardo peserà per anni»

Intervista di Daniela Corneo e Marco Madonia a Romano Prodi e a Patrizio Bianchi su Il Corriere di Bologna [2] del 14 giugno 2020

Prodi: la mia città si gioca il futuro
L’ex premier: “Siamo a una curva della storia, se Bologna si stacca è finita, riportiamo a casa i talenti”
Bianchi: “Da troppo tempo manca una riflessione, il domani è nella conoscenza, la scuola deve ripartire”

“Siamo di fronte a un momento decisivo, a una curva della storia. Se, in questa fase, Bologna e l’Emilia si staccano dalla storia allora è finita, accumuliamo un ritardo che non si recupera in decine di anni. Eppure in città non c’è una sufficiente consapevolezza, per questo abbiamo voluto organizzare una discussione che parla del futuro di Bologna, una riflessione complessiva che manca da troppo tempo. È un evento fatto qui, ma il discorso vale per tutta la regione”, dice Romano Prodi. L’ex premier con la sua Fondazione ha organizzato 3 webinar – da martedì a giovedì dalle 18 alle 20 – chiamando a raccolta geografi, economisti, imprenditori, sociologi e urbanisti. Ne parla insieme a Patrizio Bianchi, accademico, ex assessore regionale a Lavoro e formazione e a capo della task force voluta dal ministero dell’Istruzione per la programmazione della riapertura delle scuole.

La vostra riflessione sul futuro di Bologna parte da una definizione: “città cognitiva”. Perché l’avete scelta?

Prodi: “Bologna si trova di fronte a una svolta: gli investimenti sui big data, la motorvalley, finalmente i legami tra le università emiliane stanno creando un profondo cambiamento nella nostra città. Il nostro futuro, se c’è un futuro, è nella conoscenza”.

C’è chi penserà che è il suo ingresso nella campagna per le Comunali del 2021.

Prodi: “Noi dovevamo fare queste lezioni dal vivo in queste stesse date, poi c’è stata la pandemia. Se l’avessimo rinviata a settembre, saremmo andati nel mezzo della campagna elettorale ed è la cosa più lontana che vogliamo fare. Questa è una discussione sul futuro di Bologna e non sul mio futuro che è ormai passato”.

E come si svilupperà?

Prodi: “Ci sarà un breve richiamo sulla storia di Bologna città cognitiva, quando era il centro della scienza europea. Poi guarderemo a cosa fanno le altre città europee che stanno preparandosi al futuro. Non le grandi città, ma quelle della nostra stessa misura. Che vocazioni si danno? Da lì cominceremo a osservare le reti emiliane. Come quella della motorvalley, tema che approfondiremo nell’ultima giornata. In questi giorni si parla dell’investimento da un miliardo di Faw-Silk EV per realizzare qui un nuovo laboratorio per la produzione di auto elettriche. Ecco, se nel mondo diventa un fatto acquisito che le super car vengono costruite soprattutto in Emilia, allora questo diventa un grande valore aggiunto. E lo stesso vale per il packaging. Dobbiamo analizzare la nostra società e capire cosa possiamo fare per inserirci nel mondo che va avanti: sguardo all’Europa per essere competitivi, legami fra le città e le università della regione, quindi infrastrutture e trasporti. La seconda giornata sarà incentrata su chi costruisce il futuro: la preoccupazione demografica è molto forte, e ci sarà un focus sull’infanzia. E poi il problema numero uno: la casa . Bisogna capire cosa farà la politica, se rafforzerà le aree suburbane, come ha fatto in passato, o i paesi di medie dimensioni. Poi ci occuperemo dei singoli settori come il sistema sanitario, con Chiara Gibertoni che ha la responsabilità di guidare l’ospedale Sant’Orsola, e quindi il direttore della Jonhs Hopkins per riflettere sui legami tra università. L’ultimo giorno invece andremo a trattare aspetti più specifici, come la rete dell’automobile e il futuro della nostra meccanica”.

Qual è l’obiettivo?

Prodi: “è il tentativo di iniziare una riflessione sul futuro a ruota libera. L’Emilia-Romagna di sfide ne ha molte, cercheremo di aprire un dibattito che si allarghi a tutti i settori. È tanto che Bologna non si pensa in modo complessivo. Siamo una città intellettualmente meravigliosa con tanti fermenti settoriali. In questa occasione cerchiamo di far dialogare tra loro i diversi settori per aiutare la città e la regione “.

Ci sarà un approffondimento dedicato all’infanzia, ma non c’è infanzia senza scuola e senza istruzione. Qual è il ruolo che deve avere l’istruzione in una città come Bologna? Sul tema della scuola si tende a delegare ai livelli centrali, ma forse c’è un modo perché a livello locale ci si riappropri di questo tema.

Bianchi: “Roma deve semplificare al massimo le condizioni per permettere a ognuno di fare la miglior scuola possibile. Quando ci sono situazioni sanitarie pericolose, come quella che stiamo vivendo, magari la Protezione civile dà le regole sanitarie e noi poi lavoriamo per permettere a ognuno di applicare quelle regole nel proprio contesto. Bologna ha sempre investito nella scuola e in particolare nell’infanzia, perché ha sempre ritenuto che la scuola e l’infanzia non siano solo un modo per tenere i bambini, ma soprattutto per farli crescere in una comunità. Oggi per fare il salto di città cognitiva e di economia cognitiva, bisogna avere una scuola che prepara al lavorare insieme, al vivere insieme. Lo sviluppo non passa solo per l’università, ma passa anche per i nidi e le scuole dell’infanzia, perché lì formi bambini che poi diventano ragazzi consapevoli. Come vedete sono lontano dal plexiglas”.

Lontano dal plexiglas, ma vicino alla tecnologia.

Bianchi: “Abbiamo avuto in questi anni dei salti: a tecnologia non si sviluppa in modo lineare Dobbiamo avere persone con solide fondamenta scientifiche ma anche umanistiche. Bisogna essere flessibili e usare tutte le tecnologie, servono persone preparate a gestirle consapevolmente. Serve l’idea di una scuola che ti insegna a partecipare alla comunità. Bisogna sperimentare tutto il nuovo, il nuovo senza paura”.

Prima parlavamo di motorvalley, packaging, filiere, trasporti. Il vostro è anche un ragionamento sui confini di Bologna che non può più ragionare solo in termini metropolitani. Le aziende dei trasporti (Tper) o le Fiere pensano a un sistema regionale. È questo lo scenario?

Prodi: “Grandi imprese non ne abbiamo più, ma possiamo essere leader mondiali di filiere importanti. Nelle supercar andiamo da Dallara della collina parmense fino alle scuderie romagnole. In mezzo Ferrari, Lamborghini, Pagani, Maserati e le altre. Una filiera così può reggere anche con imprese di medie dimensioni.. Viviamo, nonostante l’impatto del Covid, in un mondo globalizzato: se non sei tra i primi, sei finito. Il packaging, a sua volta, va da Parma per gli i alimentari fino a Imola. il risultato è che abbiamo battuto i tedeschi, stiamo diventano co-leader mondiali. Ci sono altri settori dove si ha successo: la ceramica e il sistema delle apparecchiature mediche come a Mirandola. L’organizzazione regionale ci fa sopravvivere. Ma non c’è solo la produzione: lo stesso discorso vale per gli ospedali. Nel rapporto col territorio e con gli altri ospedali, se non hai un sistema unico è un bel pasticcio. Ecco perché è importante vedere questa prospettiva. Anche se la nostra iniziativa è organizzata a Bologna, il contesto è emiliano”.

Bianchi: “L’Emilia-Romagna ha 4,8 milioni abitanti, tutti insieme siamo la metà di Parigi. Nel mondo stanno emergendo città-territorio grandi e diffuse, come San Francisco. Per attraversare Los Angeles servono due ore, più o meno quanto ci vuole per andare da Piacenza a Rimini. In questa logica è normale che l’Emilia-Romagna abbia 4 università, 10-12 teatri, 15 ospedali di cui alcuni specializzati. È questa la dinamica per stare dentro il mondo.

Avete parlato di Bologna come di una città che ha un gran fermento sociale. Come conciliare le forti spinte sociali dal basso, le istanze dei movimenti che provano a fermare la globalizzazione con le esigenze globali del mercato? Come tenere insieme queste due componenti in una città?

Prodi: “Le spinte ambientaliste sono più forti nella Silicon valley che a Bologna. . Ma sta anche lì il senso del dinamismo della società. Poi i movimenti sono ovunque, più vive sono le società, più vivi sono questi movimenti. Ed è lì che arriva la fase creativa: non sono i movimenti che ostacolano l’intelligenza, ma sono le ripetizioni conservative del passato, la burocrazia, la paura di andare avanti. Le forze nuove non sono mai di ostacolo, le forze vecchie sono di ostacolo. Se contiamo i ricercatori emiliani che sono in Silicon valley, possiamo fare una Apple emiliana! I nostri talenti sono tutti in giro per il mondo. Ci vorranno 20 o 30 anni, ma il nostro dovere è cercare di dare loro le occasioni per essere creativi. Quello che mi preoccupa è che per essere creativi bisogna andar via”.

Ha detto che la riflessione su Bologna e sull’Emilia manca da tempo. Perché? Bologna ha consapevolezza di essere in una curva della storia così cruciale?

Prodi: “Non c’è consapevolezza ed è per quello che insistiamo in questa tre giorni. A Bologna nell’ultima parte del secolo scorso con il Mulino, Nomisma, Prometeia e altre iniziative c’è stato un grande momento creativo. Poi un po’ per la crisi del Paese, un po’ per la globalizzazione, questo momento creativo è venuto meno. E’ un problema della società italiana”.

Una città “cognitiva” forse non può prescindere dall’aspetto urbanistico. Che ruolo deve avere l’urbanistica nel futuro?

Bianchi: “Il problema degli spazi sta tornando in tutte le città. Dobbiamo riuscire a immaginare tutta la regione come un alternarsi di strutture urbane aperte e grandi aree non solo rurali, cioè pensare che il parco non sia più un’alternativa alla città. Per esempio in Regione abbiamo grandi parchi Mab (Man and the biosphere, ndr) Unesco, uno prende tutto il Delta del Po, l’altro tutta la parte centrale del nostro Appenino: stiamo ragionando su come allargare queste aree e fare grandi parchi che arrivino a lambire le città. Nelle città, d’altra parte, abbiamo avuto una crescita in cui i centri storici sono stati protetti e le periferie no. Va rigenerata questa continuità urbana. Nel caso di Bologna va ripensata tutta la Bolognina, l’area Nord che va dalle mura fino alla tangenziale. Il posto in cui stiamo concentrando le più grandi infrastrutture di supercalcolo d’Europa: un’area periferica che torna ad avere una sua centralità addirittura europea, ma è chiaro che deve essere ripensata l’urbanistica, proprio per rendere più vivibile tutto il territorio, non solo il salotto del centro.

Prodi: “Questo mi fa completare la risposta sui movimenti sociali. È un grande dilemma, perché abbiamo bisogno di nuovo, ma non possiamo più sprecare aree verdi e aree agricole. Ciò che ci chiedono questi movimenti , cioè di non sprecare verde, deve essere interpretato: abbiamo zone artigianali abbandonate da recuperare, bisogna creare gli strumenti per cui il nuovo si possa sviluppare senza peggiorare la situazione. Se si guarda dall’elicottero la nostra pianura è un disastro, per ci ben venga un confronto con questi movimenti. “.

Ha detto di non volere finire nella campagna elettorale. Il punto è che vi ha anticipato ed è già iniziata.

Prodi: ” Non scherziamo Ho 81 anni, penso ad altro e cerco di fare dello sport: anche quest’anno ho fatto la 5.30″.

Se non è lei, avrà pensato a qualcuno che le piace molto.

Prodi: “No e mi rifiuto di pensarlo. Cerchiamo di creare a un bel pensiero libero prima di cominciare le battaglie. Dobbiamo dare al nuovo sindaco, chiunque sia, un patrimonio a cui possa attingere, questo è il dovere di un cosiddetto intellettuale, soprattutto se anziano”.

Con indecisioni e scelte sbagliate cosa rischiamo?

Prodi: “Se sbagliamo ora, non si recupera per decine di anni. Ci sono quei momenti in cui se ci si distacca dalla storia, non si rientra. Non è solo un fatto tecnologico, il momento è decisivo. Quando hanno iniziato a parlarmi di big data diffidavo, poi quando ho capito che entravano in ogni evento del futuro e in tutto lo sviluppo della società, ho capito che siamo in una curva della storia. Poi, certo, se l’Europa perde contatto con gli altri, lo perdiamo anche noi. Ma Bologna e l’Emilia non possono staccarsi dall’Europa, altrimenti