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Il punto sul Peacekeeping in Africa

An UN peacekeeper in Darfur [1]

Un soldato delle Nazioni Unite in Darfur

L’ Africa alle Nazioni Unite.  

23 settembre 2009

Il problema africano sarà al centro della discussione, quando oggi, 23 settembre, il Consiglio di sicurezza dell’ONU,
presieduto dal presidente Barack Obama, si riunirà per discutere la questione del mantenimento della pace in il mondo con i dieci maggiori Stati che offrono risorse umane per le operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite.

Le guerre africane, infatti, occupano oltre il 70% di tutte le risorse dedicate dalle Nazioni Unite per le operazioni di Peace Keeping e per decenni in molte zone del continente non vi è stato un solo momento di pace. Dal Corno D’Africa ai Grandi Laghi ad Ovest, in Africa i conflitti sono endemici.

Il costo è sbalorditivo. Milioni di persone sono state uccise e miliardi di dollari sono stati spesi. I problemi connessi, come le scarse infrastrutture, le minacce ambientali, le distanze, le malattie, fanno si’ che,  il dopoguerra sia più lungo e più dannoso rispetto al conflitto stesso. Se la capacità militare può essere parte di ogni possibile soluzione, la pace nel continente africano non può essere raggiunta solo attraverso il dispiegamento di forze militari. Misure come preallarme, prevenzione dei conflitti, risoluzione dei conflitti e ricostruzione post-conflitto dovrebbe essere parte della nostra capacità di mantenimento della pace.

Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha sicuramente la piena responsabilità del mantenimento della pace e della sicurezza, e le operazioni delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace hanno subito un aumento esponenziale dai primi anni novanta ad oggi.

Tuttavia è sempre più chiaro che questi obiettivi fondamentali non possono essere raggiunti senza un coinvolgimento molto più profondo delle istituzioni africane, come l’Unione Africana e le organizzazioni regionali che si occupano di guerre diffuse al di là dei confini nazionali, che sono state scatenate in dispregio delle realtà tribali, etniche o religiose.

Una quantità significativa di sinergie fra queste organizzazione deve essere realizzata attingendo alle rispettive capacità di ciascuna di queste, ma l’Unione Africana ha riconosciuto la necessità di sviluppare una propria capacità di rispondere alle crisi del continente.

Credo che sia estremamente importante creare le condizioni per aumentare il coinvolgimento dell’UA nel processo decisionale e nella realizzazione delle operazioni di pace nel continente africano e finanziare la sua ‘capacità di mantenimento della pace’ in modo di trasferire, alla fine, la responsabilità e proprietà delle operazioni direttamente all’ AU.

Ma, fino ad oggi, i paesi importanti come Francia e Regno Unito si sono opposti l’empowerment dell’Unione Africana perchè si faccia carico del mantenimento della pace in Africa.

Il presupposto è che gli africani non hanno la capacità di farlo e, buttare i soldi sul problema, non aiuta a risolverlo.

Questo ragionamento è corretto, in linea di principio, ma non tiene conto del fatto che senza fare qualcosa di concreto, visibile e con una prospettiva a lungo termine, si finisce col ricadere nel proverbiale problema dell’uovo e della gallina, e questo non provocherà alcun cambiamento.

Ma qualcosa di nuovo sta arrivando.

Il panel che ho presieduto per il mantenimento della pace in Africa ha proposto, tra le altre raccomandazioni, un ‘fondo di finanziamento multidonatore a lungo termine ‘, specificamente progettato per il potenziamento della capacità di intervento dell’Unione Africana.

La relazione del Segretario Generale delle Nazioni Unite che sarà rilasciata il 23 sottolinea l’importanza di un forte partenariato strategico tra Unione Africana e Nazioni Unite.

È molto probabile che il presidente Obama sosterrà questi passaggi e, come ha detto nei suoi recenti discorsi sull’Africa, si schiererà nettamente contro le politiche che possono portare alla memoria antiche strategie colonialiste. Politiche che non solo sono molto pericolose per la pace in Africa, ma hanno effetti vanno ben oltre il problema del mantenimento della pace.

Le stesse nazioni che si oppongono all’idea di una forte AU sono quelle che privilegiano le relazioni bilaterali con i paesi africani coi quali hanno vecchi legami coloniali. Questo bilateralismo impedisce la creazione di mercati di dimensioni sufficienti per promuovere una crescita economica significativa. Il commercio interno in Africa è molto basso e i progetti per la realizzazione di infrastrutture a livello continentale per il trasporto, l’energia e la comunicazione sono del tutto insufficienti. Anche la Cina, che è presente in tutta l’Africa, a seguito di una politica continentale ben visibile, si occupa dei paesi africani ad uno ad uno e non aiuta la loro integrazione in una realtà più grande.

Piuttosto che dare la colpa ai cinesi per il loro ‘sfruttamento’ delle risorse naturali, dovremmo cercare di trovare con loro una politica comune verso il continente, con l’obiettivo di un rafforzamento del ruolo e del potere dell’Unione africana e di definire strategie a lungo termine al livello continentale, rispettosa di tutte le realtà locali etnice, religiose e tribali.

Il sostegno economico e l’assistenza a coloro che sono più bisognosi è sicuramente molto importante, ma il mantenimento della pace, la diffusione della democrazia e dello sviluppo economico ed un nuovo sistema integrato di politica africana è di primaria urgenza.

Romano Prodi

Presidente della ONU-AU Pannello di mantenimento della pace in Africa

L’ex presidente della Commissione europea e il Primo Ministro italiano