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20

Oct

Prodi a Expo: “ecco come prevenire una catastrofe ecologica in Africa”

Inserito da rr  - Pubblicato in Riflessioni sul Mondo

Romano Prodi a Expo Milano 2015 per una conferenza del CNR su come salvare il lago Ciad

Resoconto sul sito ufficiale di EXPO Milano 2015 del 20 ottobre 2015

Boom demografico, cambiamenti climatici, insicurezza alimentare e instabilità geopolitica: il bacino del lago Ciad è un simbolo di tutte le più grandi sfide che l’umanità deve affrontare nel prossimo futuro, a loro volta sintetizzate nel Tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita. Per questo il CNR ha deciso di organizzare a Expo Milano 2015 un’importante conferenza sul futuro di quest’area, cruciale non solo per l’Africa, ma anche per il Mediterraneo e l’Europa. Ospitato dal Biodiversity Park mercoledì 14 ottobre, l’evento ha riunito i principali esperti europei e africani: Marina Bertoncini (Università di Padova), Mana Boubakari (Capo Divisione per la Cooperazione e i Progetti, CBLT), Diana Bracco (Presidente di Expo Milano 2015), Giampaolo Cantini (Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo, MAECI), Emilia Chiancone (Presidente di Genetica Agraria, Accademia Nazionale delle Scienze), Lucio Caracciolo (Direttore “Limes”), Michel Dimbele-Kombe (Direttore dell’Osservatorio del Bacino del Lago Ciad), Esoh Elame (Università di Padova), Jacques Lemoalle (Istitut de Recherche pour le développement), Francesco Loreto (Direttore Dipartimento di Scienze Bio-agroalimentari), Luigi Nicolais (Presidente CNR), Giorgio Pacifici (TG2), Giuseppe Palmisano (Direttore Istituto di Studi Giuridici Internazionali – CNR), Maria Giuditta Politi (Presidente Confederazione Italiana degli agricoltori Ancona), Enrico Porceddu (Professore di Genetica agraria, Accademia Nazionale delle Scienze), Romano Prodi (Presidente della Fondazione per la collaborazione tra i popoli), Paolo Sannella (Presidente Centro Relazioni con l’Africa, Società Geografica Italiana), Dino Scanavino (Presidente della Confederazione Italiana degli agricoltori).

Il Lago Ciad si sta prosciugando

Dagli anni Sessanta a oggi la superficie del lago Ciad si è ridotta di 10 volte per la mancanza di coordinamento nella gestione delle acque tra i Paesi del bacino, aggravata dai cambiamenti climatici. Una vera catastrofe ecologica che ha travolto gli abitanti delle rive, principalmente pastori, agricoltori e pescatori. Quello della popolazione è un altro capitolo della crisi, poiché l’area è fra quelle a più forte crescita demografica al mondo: se nel 1991 gli abitanti del bacino del Ciad erano 21 milioni del 1991, oggi sono 45 milioni e nei prossimi anni cresceranno ancora più rapidamente. Una situazione esplosiva anche geopoliticamente, poiché povertà e mancanza di futuro alimentano gruppi terroristici come Boko Haram.

Riportare pace e stabilità politica

Le cause della crisi attorno al Lago Ciad sono così vaste e profonde che le soluzioni dovranno essere altrettanto forti. “La realtà è che questa popolazione in fortissima crescita non potrà essere sostenuta dall’agricoltura tradizionale e nemmeno dall’agricoltura in se’ e per se’ – ha spiegato Prodi – serve una grande spinta verso lo sviluppo economico e sociale, i Paesi del bacino devono superare le divisioni e elaborare un discorso unitario in grado di coinvolgere la comunità internazionale, perché per risolvere la gestione delle acque del Ciad è necessario mobilitare enormi investimenti nelle infrastrutture. Ma prima di tutto bisogna riportare pace e stabilità politica – ha aggiunto Prodi –attualmente Boko Haram ha completamente paralizzato ogni progetto di sviluppo”. Gli aspetti geopolitici sono stati sottolineati anche dal direttore di Limes Lucio Caracciolo: “I Paesi dell’area purtroppo hanno istituzioni deboli, mentre le organizzazioni terroristiche sono forti e traggono profitto da traffici illegali, anche di esseri umani. Per dare pace e sviluppo serve un’autorità solida, se non c’è controllo del territorio non si può intervenire.”

La cooperazione europea in Ciad

Per salvare il Lago Ciad, la sua biodiversità e la vita di milioni di persone serve un piano d’azione deciso, che sappia superare le storiche divisioni politiche tra Paesi ed etnie e innescare uno sviluppo reale e sostenibile. “La crisi del Lago Ciad è all’origine di un grande flusso di profughi verso altri Paesi africani e verso l’Europa, in fuga da povertà, disastro ecologico e violenza terroristica – ha spiegato il Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo Giampaolo Cantini – per cominciare ad affrontare la situazione, l’Unione Europea sta lavorando a un trust fund specifico per il Sahel e in particolare per il lago Ciad, finanziato da Fondo Sociale Europeo, da Paesi europei e terzi e da altre fonti. Si tratta del primo tentativo di intervenire sulle cause strutturali dei grandi flussi migratori, con interventi mirati ad aumentare la resilienza delle popolazioni locali”.


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16

Oct

L’Europa e la Cina sulla nuova Via della Seta

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Ci spiace, ma questo articolo è disponibile soltanto in English.

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15

Oct

L’Europa non può continuare a vivere alla giornata. Ripensare alla base una politica meridionale

Inserito da rr  - Pubblicato in Riflessioni sul Mondo

Prodi: ripensare alla base una politica meridionale

Articolo su Notizie D’Abruzzo del 15 settembre 2015

“Sono stato delusissimo per tutta la politica economica di questi anni perche’ non hanno capito che bisognava aiutare la ripresa, come hanno fatto gli americani e i cinesi, ed hanno accumulato questo grande surplus della bilancia dei pagamenti invece di investire. Quindi non sono stato contento della politica tedesca. Recentemente indubbiamente il colpo improvviso della Merkel mi ha stupito favorevolmente”. Cosi’ l’ex premier Romano Prodi, a margine di un incontro in Comune a Pescara, rispondendo alla domanda dei cronisti se la politica tedesca lo abbia deluso. “Adesso – ha proseguito – questa specie di marcia indietro degli ultimi giorni. Da un lato la capisco, anche perche’ l’ ondata di migranti era inarrestabile, dall’altro, pero’ – ha concluso – e’ una marcia indietro”

“Qui bisogna veramente ripensare alla base a una politica meridionale. Negli ultimi anni non ci si e’ pensato piu'” . Lo ha detto oggi a Pescara Romano Prodi, a margine di un incontro in Comune, parlando della situazione del Mezzogiorno. Prodi ha evidenziato di aver “sollevato il problema anche prima del rapporto Svimez perche’ i dati che sono arrivati negli ultimi anni sono molto brutti: un abbandono del Mezzogiorno e un aumento delle distanze fra Nord e Sud; nella crisi il Nord e’ andato dietro un po’, il Mezzogiorno e’ andato dietro molto”.

“Non e’ che si possa dire facciamo un’opera, un’infrastruttura e il Mezzogiorno cambia – ha aggiunto l’ex premier -. Nel Mezzogiorno occorrono le infrastrutture, la politica industriale, l’intervento del governo. Occorre la cassa depositi e prestiti, una politica di incentivazione degli investimenti stranieri. Occorre soprattutto fare perno sulle citta’ che si stanno muovendo, Bari, Pescara stessa, Napoli, e cercare di mobilitare delle risorse umane che comincino ad attrarre degli investimenti dall’estero, altrimenti non ce la facciamo. L’idea che il Mezzogiorno possa svilupparsi senza una crescita industriale – ha proseguito Prodi – e’ un’idea folle. Anche il turismo e’ importante, eccetera eccetera, ma abbiamo bisogno di un movimento industriale e non lo si porta avanti senza una politica attiva da parte del governo in coordinamento con l’Unione europea. Mentre la parte ricca e povera della Germania si sono avvicinate, mentre i nuovi Paesi piu’ poveri arrivati si sono avvicinati a quelli ricchi, in Italia, dobbiamo dire con tristezza – ha concluso – nel Mezzogiorno Nord e Sud si sono allontanati“.

“E’ un periodo drammatico. Non si sa bene come andra’ a finire, le ultime settimane sono state piene di sorprese perche’ prima una chiusura completa, poi questo improvviso cambiamento tedesco, oggi di nuovo una Germania ritornata prudente. Questo vuol dire che non c’e’ una politica europea, si vive alla giornata ed e’ difficilissimo fare previsioni”. Lo ha detto a Pescara Romano Prodi, a margine di un incontro in Comune, rispondendo ad una domanda dei giornalisti riguardante l’Europa e il momento di difficolta’. “In questo c’e’, pero’, un aspetto economico non dico buono, ma in miglioramento – ha proseguito Prodi – finalmente l’abbassamento del prezzo del petrolio, la svalutazione dell’euro hanno dato un po’ di respiro. Andra’ avanti? Io spero di si’, anche se le difficolta’ del mercato cinese sono un grande punto interrogativo perche’ fino a pochi anni fa il problema della Cina non esisteva, mentre ora e’ importante quanto gli Stati Uniti, quasi”. Prodi ha poi aggiunto che “adesso anche la Cina ha problemi, quindi l’Europa si deve salvare da sola“.

“Non parlo, come dico sempre bisogna non disturbare il conducente“. Cosi’ a Pescara Romano Prodi, a margine di un incontro in Comune, rispondendo alla domanda se il Pd si trovi in un momento di difficoltà.

“Capire perche’ il cammino di maturazione dell’Europa, ad un certo punto, si e’ interrotto, ci puo’ far comprendere meglio cosa sta accadendo oggi nel nostro continente. Il dies a quo si puo’ collocare nel 2003, quando si sarebbe dovuto esaminare la lettura dei bilanci degli Stati nazione e, invece, non si e’ compiuta questa operazione verita’. Cosi’ l’Europa e’ rimasta un progetto istituzionale ed economico incompiuto”.

Lo ha detto il presidente della Giunta regionale, Luciano D’Alfonso, in occasione dell’incontro dal titolo “Le sfide dell’Europa” organizzato dalla Regione Abruzzo e svoltosi, questo pomeriggio, all’Aurum di Pescara. Un dibattito impreziosito dalle conclusioni dell’ex Presidente del Consiglio ed ex Presidente dell’Unione europea, Romano Prodi, che ha visto anche gli interventi di Luciano D’Amico, rettore dell’Universita’ di Teramo, di Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes, di Giuseppe Cucchi, consigliere scientifico di Limes, e di Nicola Mattoscio, presidente della Saga. “Per questo – ha ripreso D’Alfonso – quello che e’ accaduto in Grecia non puo’ e non deve meravigliarci. Avremmo dovuto essere particolarmente esigenti allora nel favorire la cessione di quote di sovranita’ nazionali. Invece, sono prevalsi gli egoismi degli Stati. Non e’ un caso che il bilancio dell’Unione – ha aggiunto D’Alfonso – sia molto meno ampio di quello che dovrebbe essere ed e’ solo da esistenza in vita”. Sulla grande partita della digitalizzazione, ad esempio, il presidente della Giunta regionale d’Abruzzo ha evidenziato il fatto che “se uno Stato se non si attrezza in funzione dei grandi cambiamenti che il mondo globalizzato sta producendo, anziche’ evolversi, rischia un’inerosabile involuzione come sta accadendo nella vicenda dei flussi migratori”. Cosi’ come, riguardo alla questione delle grandi infrastrutture trasportistiche, D’Alfonso ha lamentato “la difficolta’ a trovare un’interlocuzione all’altezza in Europa”. Il grande tema e’ allora quello di mettere in discussione la stessa legittimazione democratica dell’Europa. “Occorre chiedersi soprattuto quale sia il contenuto della cittadinanza europea – ha aggiunto il presidente D’Alfonso – e qual sia il patto che lega il cittadino con l’Europa. Non puo’ essere solo un fatto legato al vantaggio di non usare il passaporto negli spostamenti da un Paese all’altro. La positiva esperienza dell’Erasmus, invece, e’ l’Europa che i cittadini comprendono e che – ha concluso – vorrebbero vedere replicata anche ai massimi livelli istituzionali”.

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15

Oct

Se non salviamo il Lago Tchad si scatenerà una enorme crisi ambientale, ecologica e umanitaria

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chadwildlifeAppello Prodi e Cnr, salviamo lago Ciad E’ potenziale bomba ecologico-umanitaria nel cuore dell’Africa

Articolo di Michela Nana per ANSA del 14 ottobre 2015

A Expo il Cnr lancia l’allarme, insieme a Romano Prodi, per le condizioni di salute del lago Ciad. Il quarto bacino idrico per grandezza nel cuore dell’Africa, fondamentale per la sopravvivenza di oltre 30 milioni di persone, rischia di scomparire per cause ambientali e cattiva gestione delle acque. In 50 anni hanno perso il 90% del loro volume. A lanciare l’allarme, in collaborazione con Padiglione Italia, anche la Cia (Confederazione Italiana agricoltori).

Tutti i relatori si sono trovati d’accordo su un punto: il lago Ciad rischia di diventare solo un ricordo sulle carte geografiche, se la comunità internazionale non si mobilita per arginare il suo progressivo prosciugamento. “Non c’è alternativa all’esplosione di tutta la zona – ha osservato nel suo intervento l’ex presidente della Commissione Europea -. Questo lago sta scomparendo. Prima si poteva dire che si stava ritirando, ma oggi è diventato un decimo della sua dimensione primitiva. La popolazione aumenta e raddoppierà in una generazione. E’ inutile citare altri dati, il vero problema è che non c’è una coscienza collettiva di questo fatto”. L’inaridimento del lago Ciad secondo il Cnr rischia di provocare una crisi ambientale, ecologica e umanitaria “di enormi dimensioni“, con conseguenze anche sulle ondate migratorie già in atto dirette verso l’Europa. Il bacino idrico africano tocca i territori di Ciad, Niger, Nigeria e Camerun.

Quel lago per questi Paesi rappresenta un perno attorno a cui ruota “un equilibrio delicato economico, ambientale, ecologico oltre che geopolitico“. “Il tentativo di attrarre l’attenzione delle organizzazioni internazionali ha avuto poco esito – ha sottolineato Prodi -. I Paesi che stanno attorno al lago sono poco organizzati e organizzazioni terroristiche come Boko Haram, che opera nella zona, fanno il resto. E’ inutile descrivere la situazione di partenza, ma un dato è certo: se continua a prosciugarsi, la tragedia è il punto di arrivo“. La progressiva desertificazione, “la perdita costante e progressiva di acqua e cibo rendono inospitale l’intera area – ha precisato il presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, Luigi Nicolais, con una nota – favorendo il radicalizzarsi dei conflitti e dei fondamentalismi, concause delle attuali grande ondate migratorie”.

L’Italia può avere un ruolo importante nel contrastare il prosciugamento del lago Ciad, così come l’Europa, le organizzazioni internazionali, come Fao e Banca Mondiale. “Tra le soluzioni prospettate – ha spiegato il direttore dell’Istituto di studi giuridici internazionali del Cnr, Giuseppe Palmisano – c’è l’ipotesi di deviare le acque di alcuni affluenti del fiume Congo. Un’operazione complessa e rischiosa che va fatta con criterio”. Il ruolo dell’Europa “è cruciale” anche per ridimensionare i rischi di un progressivo “land grabbing”, accaparramento delle terre da parte di investitori stranieri, “che può avere pesanti conseguenze – ha concluso – per le popolazioni locali e le economie di intere regioni”. (ANSA).


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10

Oct

La seconda globalizzazione: tutte le reti che avvolgono il mondo sono americane o cinesi

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Prodi, stoccata a Renzi sulla Libia. “Non mi volle mediatore dell’Onu”
Il professore: il caos Siria? Non possiamo fare a meno di Assad

Articolo di Roberto Bianchi su Quotidiano Nazionale del 10 ottobre 2015

BOLOGNA, 10 OTTOBRE 2015 – SULL’ISIS l’Occidente si è legato le mani e Putin no. Ricordi e sguardi lunghi sul futuro. Romano Prodi se li concede incalzato da Andrea Cangini, direttore del ‘Quotidiano Nazionale’ e de ‘il Resto del Carlino’, sotto il tendone eretto in piazza Maggiore per il Festival delle generazioni della Cisl. La Siria prima di tutto. «Putin – ammette Prodi – è in una posizione fortunata perché è amico di Assad che ha l’unico esercito che esiste in Siria». Quindi il presidente era e resta un tiranno, ma non ci sono alternative. Il ruolo degli Stati Uniti nella politica mondiale è in crisi.

Come dice Prodi, Obama è il presidente di un Paese che «non tollera più il ritorno di un suo ragazzo morto. Putin invece in Siria è amico di quello di cui si ha bisogno, anche se è un dittatore». Quindi si deve fare «buon viso a cattivo gioco». Si dovrebbero togliere le sanzioni alla Russia? Prodi è didascalico: «Hanno reso Putin vergine e martire. Evocando lo spirito della madre Russia lo hanno rafforzato». Quindi il realismo politico dice che sarebbe saggio revocarle.

L’ALTERNATIVA militare sarebbe l’invio di un contingente enorme «200 o 300 mila persone», calcola l’ex premier. Sul ruolo internazionale dell’Italia che forse manderà i Tornado a bombardare l’Isis in Iraq l’ex presidente della commissione europea fa affiorare un laconico giudizio negativo: «Ci sono interventi fatti per esserci». «In ogni caso – aggiunge – i problemi non si risolvono con i bombardamenti. Senza un accordo fra Gli Stati Uniti e la Russia, la Siria ce la portiamo avanti per 40 anni, come la Libia».

Sull’altra sponda del Mediterraneo Prodi avrebbe potuto essere l’inviato delle Nazioni Unite. Un ruolo che tredici mesi fa è stato chiesto per la seconda volta dal primo ministro libico con una lettera al pari grado italiano Matteo Renzi. Non ebbe risposta da Roma e Prodi ora tenta di consolarsi: «Probabilmente mi sono salvato da una grana immensa». In ogni caso l’ex capo del governo italiano ribadisce che la richiesta di Tripoli avrebbe potuto essere accolta perché «la regola che esclude un esponente dell’ex potenza coloniale non esiste».

Sull’accordo raggiunto per il nuovo esecutivo libico di unità nazionale è scettico: «E’ assai fragile. Spero naturalmente che vada in porto. Ma le migrazioni dureranno moltissimo e non si possono regolare se c’è uno stato anarchico, un insieme di tribù. Si debbono mettere tutti i capi intorno a un tavolo e far sì che tutti firmino. Ma temo che si vada ad esaurimento. Occorrerebbe capacità di mediazione. Sa quante volte Gheddafi mi ha minacciato di mandarmi barconi pieni di migranti?».

Prodi racconta quello che gli ha detto il capo dello stato del Niger: «La nostra popolazione raddoppierà in 18 anni. Dove vanno? Ma da voi naturalmente». In Europa la Merkel prima ha aperto le porte ai siriani «unendo carità e interesse», ma poi ha ceduto all’opposizione interna e si è fermata. Il giudizio di Romano Prodi sulla cancelliera non è sfumato: «Kohl sarebbe stato molto più capace. Ha voluto l’Europa perché suo fratello era morto in guerra, per la pace e non per le banche, e per questo è stato capace di andare contro il comune sentire del suo Paese».

L’ex presidente della commissione vede il futuro solo «in un assetto federale». Berlino oggi per l’Europa non sarà insomma quello che fu la Prussia di Bismarck per la Germania, ma c’è bisogno che il Vecchio Continente si unisca per affrontare una seconda globalizzazione «nella quale tutte le reti che avvolgono il mondo sono americane e potenzialmente cinesi».

IL PROGETTO Galileo, la rete europea di satelliti, «è in arretrato di dieci anni» e i profitti di Apple sono «pari al Pil di uno stato di media grandezza». La democrazia balbetta in Occidente. Prodi racconta un’obiezione dei suoi interlocutori cinesi: «Con i tempi lunghi necessari per risolvere i problemi come fate voi che avete elezioni ogni cinque minuti?». Non solo. «Se un’entità finanziaria innesca una speculazione nessuno è in grado di resistere».

L’ex premier non vuole rispondere sui temi di attualità interna più scottante. Nulla sulla conferma della candidatura di Virginio Merola a sindaco di Bologna e nulla anche sulla riforma del Senato. «I partiti – sostiene con una venatura di rimpianto – non li stiamo sostituendo con niente». Un accenno di polemica con Renzi emerge anche dalla valutazione sulle primarie: «Se non si trova uno strumento migliore, accantonarle è un peccato. I partiti e i sindacati facevano sentire la voce di tante persone. Ora debbono essere riorganizzati in forma democratica. Non hanno mai voluto. Sono errori che a lunga scadenza si pagano».

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4

Oct

Rafforzare la presenza italiana in Africa, l’esperienza dimostra che è terra di grandi opportunità

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Expo: Africa continente in fermento, con prospettive di crescita

Rho (Mi), 3 ott. (AdnKronos) – Un continente giovane che più di vivere un Rinascimento, è “in fermentazione”, come sintetizza l’ex presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi. È l’Africa, oggi al centro dell’Esposizione universale, grazie a ‘Expo chiama Africa‘, evento dedicato al continente che ha riunito il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, l’ad di Eni, Claudio Descalzi, l’ex premier, Romano Prodi e il padrone di casa, il commissario di Expo, Giuseppe Sala.

Potenzialità il continente ne ha, ma come sottolinea il professor Prodi, bisogna riflettere sulla “presenza dell’Italia” perché per ora “c’è solo l’Eni tra le nostre grandi imprese, poi i missionari”. Il continente, tuttavia, è “in fermentazione, con prospettive interessanti” che devono indurre l’Italia a “cambiare strategia” nel prossimo futuro perché in Africa “il desiderio d’Italia c’è e non è retorico”, dice.

L’esperienza dell’Eni è la dimostrazione più lampante delle opportunità offerte dall’Africa. “Eni – ha detto Descalzi – è arrivata 60 anni dopo gli altri ma oggi è il primo operatore straniero”, grazie anche ad un tipo di approccio diverso, basato su un mix tra “dare e avere” che ha consentito di costruire un “rapporto di fiducia”.

L’Esposizione universale è vista da più parti come l’occasione giusta per instaurare rapporti proficui, “un luogo di scambio”, lo definisce Sala, al quale hanno partecipato “15 capi di Stato africani, innumerevoli ministri, con i business forum” sfruttati dai Paesi “per farsi conoscere”. L’Expo, del resto, sottolinea Martina, “ci ha dato l’occasione storica per comprendere di più il rapporto tra Europa e Africa” e non a caso, spiega, è stato scelto di organizzare l’evento il giorno del secondo anniversario del tragico naufragio di Lampedusa.

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3

Oct

La guerra in Libia fu un episodio di insensatezza politica

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Libia2011Prodi e Lampedusa: “Quando Gheddafi minacciava di mandare i barconi”

Intervista di Alessandro Puglia a Romano Prodi su La Repubblica TV del 3 ottobre 2015

“Ricordo i giorni di Lampedusa con incredulità e angoscia. Ma se non mettiamo a posto lo scacchiere internazionale si ripeteranno regolarmente, quindi il senso di una tragedia che sfocia in una futura tragedia”. Così l’ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, ha commentato il secondo anniversario della strage di Lampedusa.

Ad Expo per un convegno sull’Africa, Prodi si è soffermato sul ruolo fallimentare della comunità internazionale nel post Gheddafi: “Ma voi volete che Gheddafi non mi minacciasse di mandarmi ancora barconi? Ma quante volte ho discusso e ho evitato che si arrivasse a questo. Quando si distrugge un poteraccio e non si sa dove si va a finire è la più grande tragedia politica di questo mondo”.

Prodi ha infine commentato con favore la politica del premier tedesco Angela Merkel sul fronte dell’immigrazione: “La cancelliera Merkel dice 700-800 mila in Germania subito, non è che fosse un discorso folle, univa un’apertura importante e una strategia per il futuro.

E, dal punto visto della visione futura, scegliere gli immigrati di più alto livello di cultura e più adattabili all struttura produttiva del loro paese è semplicemente un atto di intelligenza”.

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30

Sep

Africa: frammentazione economica e sfruttamento irrazionale della terra e dell’acqua frenano lo sviluppo

Inserito da rr  - Pubblicato in Riflessioni sul Mondo

Africa: le dinamiche dello sviluppo nel continente africano, lectio magistralis di Romano Prodi

Roma, 30 set 18:28 – (Agenzia Nova) – L’Africa è un continente di grandi opportunità e suscita molto interesse, … Con queste parole Franco Frattini ha introdotto la “lectio magistralis” di Romano Prodi sul tema “le dinamiche dello sviluppo nel continente africano”, che si è tenuta oggi presso la sede della Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi). All’evento ha partecipato Cesare San Mauro, segretario generale della fondazione Roma europea; Guido Bortoni, presidente dell’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico.

Nel suo intervento, Prodi ha iniziato tracciando un quadro politico del continente, facendo riferimento alla situazione di instabilità che si registra i diversi paesi dell’area. “I conflitti in Africa sono sempre più interni ai singoli paesi e riguardano in particolare l’interpretazione del sistema democratico. Il concetto di proprietà dello stato è fondamentale in queste dinamiche”, ha detto Prodi, secondo cui in questo contesto “l’Unione africana cerca di imporre la sua autorità ma ha scarsità di mezzi e potere limitato”. Dal punto di vista economico, ha spiegato l’ex premier, “il continente è fortemente frammentato. Ci sono paesi con una dimensione economica forte e altri che invece si presentano come economicamente molto deboli”.

Prodi si è poi soffermato sulle dinamiche di sviluppo dell’Africa. “Ci sono elementi di fermentazione – ha detto Prodi – sei o sette paesi a maggiore crescita nel mondo sono paesi dell’Africa sub-sahariana”. Tuttavia, ha aggiunto Prodi, parlare di miracolo economico africano rischia di travisare la realtà dei fatti. “Nell’ultimo decennio l’Africa è cresciuta più della media degli altri continenti ma oggi la percentuale del prodotto interno lordo (Pil) africano è uguale a quella del 1980. L’Africa ha superato con successo la crisi economica del 2007. Tuttavia – spiega Prodi – lo sviluppo dell’industria è molto basso, come anche lo sviluppo tecnologico. Il rapporto debito-Pil è piuttosto buono ma con un tasso di inflazione fuori controllo”.

La crescita, inoltre, “è molto ineguale: il 40 per cento della popolazione africana ha un reddito superiore ai 4 dollari al giorno ma ancora molte persone vivono al di sotto della soglia di povertà”.

Tra le altre criticità del continente africano Prodi cita la bassa produzione agricola e lo sfruttamento irrazionale delle risorse idriche. Un elemento, quest’ultimo, che ha contribuito ad attrarre la Cina verso il continente. Pechino, in cerca di materie prime, vede nel continente un enorme serbatoio di risorse. Il gigante asiatico, ha spiega Prodi, “effettua una politica estera in linea con il suo obiettivo di raggiungere l’autosufficienza alimentare ed energetica”. A differenza di quanto si credeva dopo la guerra fredda, “il paese che più ha influito sul continente è stato la Cina, che ha adottato una politica estera di necessità”.

Tuttavia, nonostante gli ingenti investimenti cinesi, ai quali si affiancano quelli brasiliani, “la scarsità di infrastrutture in Africa è ancora molto forte”. In questo senso, ha spiega Prodi, “la Cina e la telefonia mobile sono le radici dello sviluppo africano”. Un ruolo di primo piano quello cinese, a differenza di quello europeo, dove “la mancanza di una politica unitaria fa del vecchio continente il protagonista meno presente in Africa”.

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25

Sep

Migranti: Finché il problema era nostro non se n’è curato nessuno. L’Italia non conta nulla

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Romano Prodi sui migranti: “Abbiamo fatto la figura del paese che non conta nulla”

Intervista di Luca Bertazzoni a Romano Prodi su Piazza Pulita di La7, riportata da Huffington Post il 24 settembre 2015

Romano Prodi, in un’intervista che andrà in onda stasera nel corso della prima puntata del programma di Corrado Formigli, sottolinea come in italia il fronte del no all’immigrazione cresca a causa della “paura degli estranei” e dell’isolamento subìto in Europa: “(…) Oggettivamente siamo stati lasciati soli. Finché il problema era italiano non se n’è curato nessuno. Abbiamo fatto la figura del paese che non conta nulla“.

Il professore conferma i propri timori sulla salute dell’europa, che aveva già dichiarato ‘terribile’: “Come faccio a dire diversamente?”, dice Prodi.

“C’è stato un momento in cui la Merkel ha mandato un messaggio nuovo, poi si è un pò ritirata perchè i profughi erano troppi. Ora c’è questo scoppio di follie delle barriere fra paesi europei. Noi concepiamo un’unione fra i paesi e poi costruiamo i muri fra i paesi stessi. E’ una crisi profonda, non una crisi su un problemino, è una crisi sul fatto di lasciar libera la circolazione delle persone, sui fatti fondamentali dell’Unione europea“.

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13

Sep

L’Africa è il futuro del Mondo. E l’Europa o è unita, o non ha rilevanza

Inserito da rr  - Pubblicato in Riflessioni sul Mondo

ProdiSoyinkaFestivaletteratura, Prodi e Soyinka: “L’Africa può farcela solo se unita”

L’economista e il nobel sul futuro del continente: “Ci sono le risorse naturali ma senza politica non ci sarà modo di evitare lo sfruttamento”. Prodi: “La Germania ha scelto di accogliere i siriani, laureati al 40% e diplomati al 50%, non è un caso”

Articolo di Maria Antonietta Filippini su La Gazzetta di Mantova del 13 settembre 2015

MANTOVA. Africa motore del mondo? «Ha le risorse, naturali e umane, c’è un fermento nuovo e voglia di farcela, ma divisi in 54 Stati tutti per conto loro non ce la faranno. E non parliamo di Rinascimento. L’unica infrastruttura che funziona sono i telefonini. Perciò difendo l’Unione degli stati africani, con i suoi limiti, ma è lo stesso problema dell’Europa, manca una politica comune» dice Romano Prodi in una piazza Castello più che gremita.

E Wole Soyinka, il nigeriano premio Nobel della letteratura: «Dobbiamo prendere in mano noi africani lo sviluppo, così smetteremo di parlare degli sfruttatori stranieri». Le risorse ci sono: petrolio, materie prime, terra per l’agricoltura ed è per questo che oggi è la Cina ad essere più presente, a muovere lo sviluppo, perché ha il 7% della terra coltivabile al mondo e il 20% della popolazione. La tragedia dei fuggitivi («né clandestini né profughi» viene ripetuto) prende gran parte dell’incontro coordinato da Carlo Annese. Soyinka spiega che l’Europa avrebbe dovuto capirlo molto prima, e non solo perché il 75% dei problemi africani deriva dal post colonialismo e dalla corruzione per la quale, dice Prodi, «un giorno dissi: tanto vale mandare i soldi a Zurigo invece che nelle capitali africane, faremmo prima».

Nessuno si è chiesto cosa sarebbe successo, dice Soyinka, a seguito dei massicci spostamenti interni di popolazione, per le onnipresenti guerre civili, i rapimenti di studentesse, le stragi. «Io stesso se i fondamentalisti del Mali si fossero uniti a quelli di Boko Haram, oggi non sarei qui, o se fortunato sarei arrivato con un barcone». Nessun intervento dell’Europa. Solo unilaterali, come quello della Francia in Mali, «dall’esito positivo» ammette Soyinka.

Disastroso invece, spiega Prodi, quello in Libia dei francesi, a cui si sono accodati persino gli italiani, «contro il loro interesse». La situazione africana è precipitata proprio dopo la dissoluzione della Libia. Prodi spiega che Gheddafi, “dittatore durissimo” negli ultimi anni smise con la destabilizzazione dei paesi vicini, voleva fare “il re dell’Africa”, investendo risorse per lo sviluppo. «Lo avevo persino invitato a Bruxelles», ma «uccidere un dittatore, non ha mai portato democrazia».

Invece i suo soldati, rimasti senza paga, hanno potuto accedere all’arsenale più grande del mondo. Con Egitto e Paesi del Golfo che sostengono il governo di Tobruk, Turchia e Qatar quello di Tripoli.

«Dunque bisogna che le grandi potenze, Usa e Russia con l’appoggio della Cina, perché l’Europa è inesistente, si impongano. Come devono fare in Siria. Quanto all’Onu – continua Prodi – serve per i piccoli ma sanguinosi conflitti, è impotente in quelli grandi, per i veti incrociati. Quindi augura successo a Ban Ki Moon per il 30 settembre, ma è pessimista. L’Italia è davvero stata lasciata sola davanti ai massicci arrivi, dice Soyinka. E come mai all’improvviso l’Europa si è svegliata?

«La Germania fa politica – osserva Prodi – ha scelto i siriani che sono laureati al 40% e diplomati al 50%. Fa il suo interesse, dopo che l’opinione pubblica si è ribellata. Ma lo fa seriamente: distribuisce subito gli arrivati, garantisce corsi di tedesco e fra un anno saranno integrati e produttivi».

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