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27

Jul

Risolvere l’emergenza in Libia: l’unica via per fermare l’esodo di chi fugge da fame e guerra

Inserito da ll  - Pubblicato in Lago Tchad, Riflessioni sul Mondo

La tragedia dei migranti e l’inferno della Libia

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 27 luglio 2014

Gli arrivi dei migranti sulle nostre coste aumentano ad un ritmo impressionante. Si potrebbero accumulare statistiche su statistiche ma basta ricordare alcuni dati (già sottolineati sul Messaggero del 24 luglio da Marco Ventura) per capire a che punto siamo arrivati e dove stiamo andando. Nel 2012 sono sbarcati in Italia 13.267 migranti. Essi sono saliti a 42.925 nel 2013 ma sono già più di ottantamila oggi e si pensa arriveranno oltre i 120mila alla fine di agosto.

Questi migranti per la metà si dichiarano cittadini dell’Eritrea e della Siria e fuggono dalla guerra civile o dall’oppressione politica. L’altra metà è composta di disperati che provengono da situazione di tragica povertà e di insicurezza, con una crescente presenza di cittadini dei Paesi che stanno sotto il Sahara, come Mali, Nigeria o Gambia.

La quasi totalità di costoro arriva dopo essersi imbarcata in Libia, dove la vicinanza geografica all’Europa si unisce ad una situazione di un’assoluta mancanza di controllo da parte delle ormai inesistenti autorità di governo.

Pur essendo molto difficile fare previsioni sull’andamento dei flussi migratori futuri bisogna purtroppo concludere che le zone afflitte da guerre o tensioni non mostrano alcuna prospettiva di miglioramento e che i migranti provenienti dalla profonda Africa sono destinati ad aumentare per il combinato disposto del vorticoso aumento della popolazione e della consapevolezza che la fuga in Europa costituisce l’unica alternativa alla morte di fame o a condizioni di vita disumane.

In conseguenza dell’elevato tasso di natalità e della diminuzione della mortalità infantile, la popolazione dei Paesi del Sahel raddoppierà infatti in meno di venti anni.

Le situazioni di insicurezza, terribile eredità della guerra di Libia, hanno moltiplicato terrorismo e miseria, facendo dell’emigrazione l’unica risorsa possibile. Mi diceva poche settimane fa un sindaco di una piccola città del Sahel che la caduta della sicurezza, soprattutto nelle zone più periferiche, si accompagna ai furti di bestiame e all’evaporazione delle poche attività economiche esistenti. In questi casi le scarse risorse ancora disponibili vengono tutte indirizzate verso i viaggi della disperazione.

E’ evidente che l’unico modo per regolare questo fenomeno è quello di portare pace e sviluppo dove non ci sono ed è altrettanto evidente la debolezza dell’impegno europeo in questa direzione. Nonostante l’Unione Europea sia il maggior donatore verso l’Africa subsahariana non esiste un impegno politico collettivo. Ogni Paese agisce per conto suo e nelle aree di tradizionale presenza coloniale o di influenza politica: la Francia con i Paesi francofoni, la Gran Bretagna coi Paesi anglofoni mentre gli Stati Uniti operano soprattutto coi Paesi della costa dell’Ovest e con alcuni Paesi amici. Solo la Cina agisce a livello continentale, ma evitando tutti i possibili interventi di carattere politico che possano metterla in situazioni imbarazzanti. Una politica concordata di aiuto allo sviluppo avrebbe certamente un’efficacia positiva nel regolare i fenomeni migratori ma, per essere veramente efficace, dovrebbe essere accompagnata da una massiccia lotta contro il terrorismo e da un rafforzamento delle fragili strutture statuali deputate alla sicurezza e allo sviluppo.

Trascurando per ora coloro che fuggono da Iraq e Afghanistan, che in genere seguono la via dei Balcani, tutti gli altri migranti giungono in Europa non dalla Tunisia (che sarebbe il Paese geograficamente più vicino) ma dalla Libia, Paese senza governo e nel quale i trafficanti fanno sostanzialmente da padroni.

La Libia come luogo di fuga e non come Paese di migranti, perché tra i migranti non figura alcun cittadino libico.

E’ chiaro che il primo intervento efficace per evitare le quotidiane tragedie del mediterraneo dovrebbe essere dedicato alla ricostruzione delle strutture statuali libiche ma sembra che, dopo esserci impegnati in una guerra iniziata e terminata senza tenere conto delle conseguenze, nessuno ha il coraggio di occuparsi in modo attivo della Libia. Nessun serio tentativo per mettere attorno a un tavolo le diverse tribù, etnie e milizie che compongono il potere reale del Paese.

Le così dette grandi potenze, a cui l’Italia si è accodata con passione suicida, si sono accontentate di avere vinto la guerra e di essersi sbarazzate di un dittatore. Hanno trovato l’accordo per bombardare ma non lo cercano per pacificare.

E’ chiaro che una decente politica per la Libia non fermerebbe una spinta migratoria, che soprattutto nasce dalla nuova realtà del mondo, ma la renderebbe almeno più umana e gestibile. Non toglierebbe la necessità di un’azione comunitaria europea, non diminuirebbe la necessità di una politica coordinata di accoglienza, di strutture specializzate per la protezione dei minori e di una nuova regolamentazione delle regole di asilo.

Queste migrazioni bibliche vanno ben oltre il caso libico ma se vogliamo essere in grado di risolvere i problemi globali dobbiamo affrontare prima di tutto le situazioni di emergenza.

La Libia è ora la grande emergenza: essa sta diventando sempre più preda di gruppi terroristici in grado di controllare il territorio. Le vite dei migranti disperati sono forse il più potente strumento nelle loro mani. E’ ora che i Paesi europei si rendano conto che questo non è un problema solo italiano, che non è un problema di sola assistenza ma è il problema più grande e difficile che l’Europa deve affrontare.

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16

Jul

Salvare il Lago Tchad è condizione indispensabile per la pace e lo sviluppo nel Sahel e in Africa

Inserito da ll  - Pubblicato in Lago Tchad, Riflessioni sul Mondo

Una risorsa dalla quale dipendono trenta milioni di persone

UNA SPERANZA DI PACE: SALVARE IL LAGO TCHAD

Articolo di Romano Prodi su Le Monde Diplomatique di luglio 2014

(Lire ici l’article en francais)

Nel cuore del Sahel, il lago Tchad rischia di scomparire. La sua rivitalizzazione è tanto più indispensabile in quanto favorirebbe la pace in una regione instabile. Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, è impegnato nella riuscita del programma di salvaguardia.

Il Lago Tchad si trova nel cuore di una regione dell’Africa centrale caratterizzata da una desertificazione galoppante e da una crescita demografica record. Collocato alle porte del Sahara, dipende dal regime delle piogge che da sempre ne fanno variare fortemente il livello. La topografia particolarmente piatta del suo bacino provoca movimenti spettacolari. Dal 1962, le acque si sono abbassate di quattro metri, riducendo la superficie del 90%. A partire dagli anni ’80 le evoluzioni climatiche, con la siccità e la scarsità delle piogge, unite all’eccessivo sfruttamento delle risorse da parte dei paesi rivieraschi – il 75% delle acque sarebbe deviato a monte -, hanno ridotto la sua estensione a meno di 2.599 chilometri quadrati.

Malgrado gli sforzi portati avanti localmente per assicurare una gestione più razionale degli affluenti (soprattutto il Chari e il Logone, che si uniscono a N’Djamena), i fabbisogni idrici di trenta milioni di persone per l’alimentazione, la pesca, l’allevamento, l’agricoltura, in un contesto di rarefazione, suscitano tensioni e accelerano la scomparsa di questa risorsa fondamentale. Importante scrigno di biodiversità in questa regione dell’Africa, il lago Tchad rischia di subire la stessa sorte del mar d’Arai, in Asia centrale. Se non si fa nulla, potrebbe rapidamente scomparire.

Nel corso degli ultimi anni, gli Stati della regione si trovano ad affrontare crisi politiche, un aumento della povertà e interventi internazionali: colpi di Stato in Niger e in Centrafrica, violenze in Nigeria, tensioni post-elettorali in Camerun, operazioni militari in Tchad … La scomparsa del lago non farebbe che aggravare l’instabilità, il che dovrebbe spronare i governi all’azione.

Due anni fa i paesi rivieraschi, Camerun, Niger, Nigeria e Tchad, e gli altri membri della Commissione del bacino del lago Tchad (Cblt) (1) hanno adottato un piano quinquennale di investimenti (2013-2017) di 900 milioni di euro. Intorno al 10% di questa somma dovrebbe essere destinato agli interventi transfrontalieri gestiti direttamente dalla Cblt, il resto sarebbe amministrato dai paesi membri e destinato alle zone limitrofe al lago.

Alla conferenza di Bologna, lo scorso aprile, i donatori hanno confermato il loro sostegno di massima a questo piano; la Banca mondiale, in particolare, potrebbe contribuire ampiamente al suo finanziamento nel quadro del sostegno ai paesi del Sahel. E la Banca africana di sviluppo (Bad), ha già preso l’impegno a sbloccare 80 milioni di euro.

Il piano prevede interventi destinati a conservare il lago in quanto risorsa necessaria alla lotta contro la povertà, alla stabilizzazione e al miglioramento delle condizioni economiche e ambientali della regione. Non si limita a intervenire direttamente sui livelli idrici e sulla qualità dell’acqua disponibile, ma si propone anche di aumentare la produttività degli agricoltori, dei pescatori e degli allevatori del bacino. Mira inoltre a rafforzare i processi di integrazione e collaborazione regionali, impegnando attivamente la popolazione nei processi decisionali e nella salvaguardia delle fonti di reddito.

Basta con l’attesa di nuovi studi

Queste azioni si declinano in sottoprogrammi transfrontalieri e nazionali ,gestiti da tutti i paesi rivieraschi. Da una parte si tratta di proteggere gli ecosistemi e sostenere le attività economiche locali: riabilitazione dei centri di pesca, sviluppo dell’allevamento del bestiame diffusione di nuove tecniche per proteggere i raccolti da insetti, parassiti e funghi, e le rive del lago dalle erbe infestanti. I progetti mirano ad aumentare la produzione limitando al tempo stesso i danni all’ambiente, in particolare quanto all’uso dei pesticidi, e proteggendo la biodiversità animale e vegetale.

D’altra parte, occorre migliorare le risorse idriche del bacino in qualità e quantità, sia mediante la captazione e il dragaggio del Chari-Logone che con l’idea – molto più ambiziosa – di trasferire, nelle stagioni favorevoli, una parte delle acque del fiume Oubangui, affluente del fiume Congo.

Il progetto Transaqua, immaginato oltre trent’anni fa dall’ingegnere italiano Marcello Vichi, preconizzava un’infrastrutture multifunzionale suscettibile di avviare un volume considerevole di acqua del bacino del Congo al limitrofo bacino del Tchad (2).

Per accelerare questi progetti, i paesi membri della Cblt si sono impegnati a non subordinare più le proprie decisioni alla realizzazione di nuovi studi, dopo quelli, già numerosi, che hanno segnato i 50 anni di vita della Commissione. Infatti di fronte alla minaccia di una morte imminente del lago, il tempo è contato: occorre agire per invertire la tendenza e ridare speranza alle popolazioni.

Il programma di sviluppo sostenibile del lago Tchad (Prodebalt), lanciato nel 2008 con un budget di 60 milioni di euro e finanziato per metà dalla Bad con il concorso dell’Unione europea, è stato aggiornato. Prevede in particolare lavori di difesa e recupero dei suoli, la fissazione delle dune su ottomila ettari e la rigenerazione degli ecosistemi pastorali su 23.000 ettari.

I paesi membri della Cblt contribuiscono direttamente alla realizzazione del piano quinquennale, ma lanciano anche un appello internazionale senza precedenti. II compito di raccogliere i contributi – pubblici e privati – è affidato a due personalità africane di primo piano: l’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo e l’ex ministro degli affari esteri burkinabè Hama Arba Diallo.

Sostengono l’iniziativa l’attuale presidente dell’Unione africana, il mauritano Mohamed Ould Abdel Aziz, e la presidente della Commissione dell’Unione africana (equivalente della Commissione europea), la sudafricana Nkosazana Dlamini-Zuma.

Il piano vuole mettere alla prova la capacità dei paesi africani di affrontare crisi di grande portata. E del resto sarà di stimolo a una maggiore solidarietà internazionale, non solo grazie ad aiuti finanziari ma anche mettendo a disposizione della Clbt tecnici e scienziati di profilo elevato.

Per tutte queste ragioni, a Bologna il 4 e 5 aprile 2014 si è svolta una conferenza internazionale con l’obiettivo di mettere insieme finanziamenti per il salvataggio del lago Tchad (3).

A conclusione dei lavori, la dichiarazione di Bologna ha definito le priorità. Si prevede la costituzione di un comitato di accompagnamento che avrà il compito di proseguire la mobilitazione a livello internazionale. Dovrebbe seguire la creazione di un comitato scientifico mondiale in grado di assicurare al progetto le competenze più qualificate.

Coordinamento politico e militare

Il rapporto che ho consegnato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (Onu) al termine della mia missione come inviato speciale del segretario generale per il Sahel con l’incarico di individuare soluzioni che potessero ridurre le tensioni, rafforzare il dialogo e superare i conflitti, suggerisce cinque indirizzi d’intervento prioritari, a partire dalla necessità di garantire l’approvvigionamento alimentare e idrico delle popolazioni. Ho anche sottolineato i bisogni di queste ultime in materia di infrastrutture, salute, istruzione ed energia.

Il piano si concretizza proprio mentre i focolai di violenza interessano territori contigui sempre più ampi. Dopo il Darfur, la Libia, il Sudan e il Mali, la regione attraversa una nuova grande crisi con la destabilizzazione della Repubblica centrafricana e la moltiplicazione degli atti terroristici del gruppo Boko Haram, che devastano in particolare le province settentrionali della Nigeria e del Camerun.

Un progetto come quello della rivitalizzazione del lago Tchad corrisponde proprio a una strategia di prevenzione e limitazione dei conflitti. È una delle principali speranze regionali per far fronte alla povertà e alla disperazione della gioventù, ma anche alle guerre e al terrorismo.

Il nuovo orientamento politico dei paesi della Cblt ha già prodotto i suoi primi effetti in materia di miglioramento dell’ordine pubblico e della sicurezza collettiva. Riuniti nel mini-vertice di Nouakchott, il16 febbraio, i presidenti di Mauritania, Burkina Faso, Mali, Tchad e Niger hanno creato il «G 5 del Sahel», per coordinare le proprie politiche di sviluppo e sicurezza.

Lo guida il capo di Stato mauritano Ould Abdel Aziz, che definisce il gruppo come «il quadro istituzionale di coordinamento e sorveglianza della cooperazione regionale che vuole rispondere alla doppia sfida di realizzare progetti di sviluppo economico e sociale, e di coordinare le politiche di sicurezza».

Nel marzo scorso in Camerun nel corso di una riunione dei ministri della difesa dedicata alla questione è stata decisa la creazione di un contingente militare comune di tremila uomini per la sicurezza delle regioni transfrontaliere del lago Tchad. II coordinamento fra i paesi membri della Commissione è stato rafforzato in occasione di altre iniziative internazionali, come la conferenza di Parigi, organizzata il17 maggio scorso per far fronte alla minaccia Boko Haram (4).

È il punto di partenza di un ampio programma di salvaguardia la cui realizzazione richiede massimo rigore e trasparenza. Con l’aiuto dei donatori, in primo luogo la Bad e la Banca mondiale, sarà importante predisporre un’unità di controllo che garantisca la sana gestione di questo progetto. Ne va del suo credito e del suo futuro.

Certamente la realizzazione del piano non risolverà da sola i problemi del Sahel e delle regioni più meridionali – in particolare quelle del bacino del lago Tchad. Ma può avviare un processo di trasformazione dei metodi di gestione locali, nazionali e regionali. Questo lancerebbe a sua volta una dinamica di sviluppo economico, portatrice di nuove prospettive per le popolazioni interessate, minate dalla povertà e dai conflitti.

Lavorare insieme per il miglioramento delle condizioni di vita dei popoli è lo strumento più efficace di cui disponiamo per andare oltre le diffidenze, i rancori e le divisioni che, sotto ogni cielo, sono ostacoli insormontabili al consolidamento della pace e dello sviluppo.

 

(Traduzione di M. C.)

Note

(1) La Commissione del bacino del lago Tchad fu creata nel 1964 dai quattro paesi rivieraschi del lago, ai quali si aggiunsero la Repubblica centrafricana e la Libia. Hanno lo status di osservatori altri paesi egualmente interessati al destino del bacino, come Sudan, Egitto, Congo e Repubblica democratica del Congo. www.cblt.org

(2) www.transaquaprojectit

(3) Conferenza organizzata presso la Fondazione per la collaborazione tra i popoli.

(4) Che ha anche permesso di riconciliare Camerun e Nigeria.

(Lire ici l’article en francais)

 

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16

Jul

Sauvegarder le lac Tchad est une condition indispensable pour la paix et le développement dans le Sahel et en Afrique

Inserito da ll  - Pubblicato in Lago Tchad, Riflessioni sul Mondo

Una ressource dont dépendent trente millions de personnes

LE SAUVETAGE DU LAC TCHAD, ESPOIR DE PAIX

Article par Romano Prodi* sur Le Monde Diplomatique, juillet 2014

(leggi qui l’articolo in italiano)

Rare ressource en eau pour un bassin de trente millions d’habitants au coeur du Sahel, le lac Tchad disparaît sous la pression des riverains et l’avancée du désert. Une revitalisation devient d’autant plus indispensable qu’elle favoriserait la paix dans une région instable. L’ancien président de la Commission européenne plaide ici pour la réussite du programme.

Le lac Tchad se trouve au coeur d’une région d’Afrique centrale caractérisée par une désertification galopante et une croissance démographique record. Situé à la porte du Sahara, il est vulnérable au régime des pluies, qui font depuis toujours fortement varier son niveau. La topographie particulièrement plate de son bassin provoque des mouvements spectaculaires. Depuis 1962, les eaux ont baissé de quatre mètres. En outre, à partir des années 1980, les évolutions climatiques, telles que la sécheresse et les pluies trop faibles, ainsi que la surexploitation des ressources par les riverains – 75% des eaux seraient détournées en amont – ont ramené sa taille à moins de deux mille cinq cents kilomètres carrés – à peine 10 % de ce qu’elle était il y a cinquante ans.

En dépit des efforts déployés localement pour assurer une gestion plus rationnelle des affluents (notamment le Chari et le Logone, qui se rejoignent à N’Djamena), les besoins en eau de trente millions de personnes pour l’alimentation, la pêche, l’élevage, l’agriculture, dans un contexte de raréfaction, suscitent des tensions et accélèrent la disparition de cette ressource fondamentale. Important foyer de bio – diversité pour cette région d’Afrique, le lac Tchad risque de subir le même sort que la mer d’Aral, en Asie centrale. Si rien n’est fait, il pourrait disparaître rapidement.

Au cours des dernières années, les Etats de la région ont été confrontés à des crises politiques, à la montée de la pauvreté et à des interventions internationales : coups d’Etat au Niger et en Centrafrique, violences au Nigeria, tensions postélectorales au Cameroun, opérations militaires au Tchad… La disparition du lac ne pourrait qu’aggraver cette instabilité, ce qui devrait inciter les gouvernements à agir.

Il y a deux ans, les pays riverains, soit le Cameroun, le Niger, le Nigeria et le Tchad, et les autres membres de la Commission du bassin du lac Tchad (CBLT) (1) ont adopté un plan quinquennal d’investissement (2013-2017) de 900millions d’euros. Environ 10% de cette somme devrait être affecté aux actions transfrontalières directement gérées par la CBLT, le reste étant administré par les pays membres et consacré aux zones limitrophes du lac.

A la conférence de Bologne, en avril dernier, les donateurs ont montré leur soutien de principe à ce plan; la Banque mondiale, notamment, pourrait largement contribuer à son financement dans le cadre de son soutien aux pays de la région du Sahel.

Quant à la Banque africaine de développement (BAD), elle a déjà pris l’engagement ferme de débloquer 80 mil lions d’euros.

Ce plan prévoit des interventions destinées à conserver le lac en tant que ressource nécessaire à la lutte contre la pauvreté, à la stabilisation et à l’amélioration des conditions économiques et environnementales de la région. Il ne se contente pas d’intervenir directement sur les niveaux hydriques et sur la qualité de l’eau disponible, mais veut également accroître la productivité des agriculteurs, des pêcheurs et des éleveurs du bassin. Il tend aussi à renforcer les processus d’intégration et de collaboration régionales, en engageant activement la population locale dans les prises de décision et dans la sauvegarde de ses sources de revenus.

Ne plus attendre de nouvelles études

Ces actions se déclinent en sousprogrammes transfrontaliers et nationaux gérés par chaque pays riverain. Il s’agit d’une part de protéger les écosystèmes et de soutenir les activités économiques locales: réhabilitation des centres de pêche, développement de l’élevage de bétail, diffusion de nouvelles techniques pour protéger les récoltes des insectes, parasites ou champignons, et les rives du lac des herbes invasives.

Les projets visent à augmenter la production tout en limitant les dommages à l’environnement, en particulier l’utilisation de pesticides, et en protégeant la biodiversité animale et végétale.

D’autre part, il faut améliorer les ressources hydriques du bassin en qualité et en quantité, aussi bien à travers la captation et le dragage du Chari-Logone que par l’idée – beaucoup plus ambitieuse – de transférer, pendant les saisons favorables, une partie des eaux de la rivière Oubangui, affluent du fleuve Congo (2).

Le projet Transaqua, imaginé il y a plus de trente ans par l’ingénieur italien Marcello Vichi, préconisait une infrastructure multifonctionnelle susceptible de charrier un volume considérable d’eau du bassin du Congo au bassin limitrophe du lac Tchad.

Afin d’accélérer ces projets, les pays membres de la CBLT se sont engagés à ne plus subordonner leurs décisions à la réalisation de nouvelles études, après celles, déjà nombreuses, qui ont ponctué les cinquante ans de vie de la Commission. Car, face à la menace d’une mort imminente du lac, le temps est compté : il faut agir pour inverser la tendance et redonner espoir aux populations.

Le programme de développement durable du lac Tchad (Prodebalt), lancé en 2008 avec un budget de 60 millions d’euros, et financé pour moitié par la BAD avec le concours de l’Union européenne, a été actualisé. Il prévoit notamment des travaux de défense et de restauration des sols, ainsi que la fixation de dunes sur huit mille hectares ou la régénération des écosystèmes pastoraux sur vingt-trois mille hectares.

Si les pays membres de la CBLT contribuent eux-mêmes à la réalisation du plan quinquennal, ils lancent aussi un appel international sans précédent. La mission de récolter ces contributions – publiques et privées – a été confiée à deux personnalités africaines de premier plan : l’ancien président nigérian Olusegun Obasanjo et l’ancien ministre burkinabé des affaires étrangères Hama Arba Diallo. Le président en exercice de l’Union africaine, le Mauritanien Mohamed Ould Abdel Aziz, et la présidente de la Commission de l’Union africaine (équivalent de la Commission européenne), la Sud-Africaine Nkosazana Dlamini-Zuma, soutiennent l’initiative.

Ce plan entend prouver la capacité des pays africains à affronter des crises de grande envergure. Il incitera par ailleurs à une plus forte solidarité internationale, non seulement par des aides financières, mais aussi en mettant à disposition de la CBLT des techniciens et des scientifiques expérimentés.

C’est pour toutes ces raisons qu’a eu lieu à l’initiative du président nigérien Mahamadou Issoufou, les 4 et 5 avril 2014 à Bologne une conférence internationale dont le but était de réunir des financements pour le sauvetage du lac Tchad (3).

Elle s’est conclue par la déclaration de Bologne, qui définit les priorités. Elle prévoit la constitution d’un comité de suivi dont la tâche sera de continuer la mobilisation internationale.

La création d’un comité scientifique mondial assurant au projet les compétences les plus qualifiées devrait suivre.

Le rapport que j’ai remis au Conseil de sécurité des Nations unies (ONU) au terme d’une mission d’envoyé spécial du secrétaire général pour le Sahel, au cours de laquelle j’étais chargé de rechercher des solutions pouvant réduire les tensions, renforcer le dialogue et dépasser les conflits, suggère cinq directions prioritaires d’intervention, à commencer par la nécessité de garantir l’approvisionnement des populations en eau et, bien sûr, en nourriture. J’ai également souligné leurs exigences en matière d’infrastructures, de santé, d’instruction et d’énergie.

Ce plan se concrétise alors que surgissent des foyers de violence sur des territoires contigus toujours plus étendus. Après le Darfour, la Libye, le Soudan et le Mali, la région traverse une nouvelle crise majeure avec la déstabilisation de la République centrafricaine et la multiplication des actes terroristes du groupe Boko Haram, qui dévastent notamment les provinces septentrionales du Nigeria et du Cameroun.

Un projet comme celui de la revitalisation du lac Tchad correspond justement à une stratégie de prévention ou d’endiguement des conflits. Il constitue l’un des plus grands espoirs régionaux face à la pauvreté et au désespoir de la jeunesse, mais aussi face aux guerres et au terrorisme. Coordination politique et militaire LA nouvelle orientation politique des pays de la CBLT a déjà produit ses premiers effets dans le renforcement de l’ordre public et de la sécurité collective. Réunis en minisommet à Nouakchott, le 16 février, les présidents de la Mauritanie, du Burkina Faso, du Mali, du Tchad et du Niger ont créé le “G5 du Sahel” afin de coordonner leurs politiques de développement et de sécurité.

A sa tête, le chef de l’Etat mauritanien, M. Ould Abdel Aziz, définit ce groupe comme le “cadre institutionnel de coordination et de surveillance de la coopération régionale qui entend répondre au double défi de réaliser des projets de développement économique et social, et de coordonner les politiques de sécurité “. Un contingent militaire commun de trois mille hommes sécurisant les régions transfrontalières du lac Tchad a été lancé au Cameroun en mars dernier, lors d’une réunion des ministres de la défense consacrée à la sécurité. La coordination entre les pays membres de la Commission a été renforcée à l’occasion d’autres initiatives internationales, telle la conférence de Paris, organisée le 17 mai dernier pour faire face à la menace Boko Haram (4).

C’est le point de départ d’un vaste programme de sauvegarde dont la réalisation exige la plus grande rigueur et la plus grande transparence. Avec l’aide des donateurs, et d’abord de la BAD et de la Banque mondiale, il importera de mettre en place une unité de contrôle qui garantisse la saine gestion de ce projet. Il en va de son crédit et de son avenir. Certes, la réalisation de ce plan ne résoudra pas à elle seule les problèmes du Sahel et des régions plus méridionales – en particulier ceux du bassin du lac Tchad.

Mais elle peut amorcer un processus de transformation des méthodes de gestion locales, nationales et régionales. Lequel lancerait à son tour une dynamique de développement économique, ouvrant de nouvelles perspectives pour les populations concernées, minées par la pauvreté et les conflits.

Travailler ensemble à l’amélioration des conditions de vie des peuples est le meilleur instrument dont nous disposions pour dépasser les méfiances, les rancoeurs et les divisions qui, sous n’importe quels cieux, sont autant d’obstacles insurmontables à la consolidation de la paix et du développement.

 

Notes

* Ancien président du conseil italien et de la Commission européenne. Envoyé spécial de l’Organisation des Nations unies pour le Sahel en 2012 et 2013.

(1) La Commission du bassin du lac Tchada a été créée en 1964 par les quatre pays riverains du lac, auxquels se sont jointes la République centrafricaine et la Libye. D’autres pays également intéressés par le sort du bassin, tels le Soudan, l’Egypte, le Congo et la République démocratique du Congo, ont un statut d’observateur. www.cblt.org
(2) www.transaquaproject.it
(3) Conférence organisée à la Fondation pour la collaboration entre les peuples.
(4) Qui a également permis de réconcilier Cameroun et Nigeria.

(leggi qui l’articolo in italiano)

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28

Apr

Il 4 e 5 aprile Conferenza dei donatori per la Rivitalizzazione del Lago Tchad

Inserito da rr  - Pubblicato in Lago Tchad

Lake-TchadFondazione per la Collaborazione tra i Popoli

Commissione del Bacino del Lago Tchad

Conferenza donatori per la rivitalizzazione del Lago Tchad

Bologna – Rimini    Italia 4-5 aprile 2014

***

Bologna, 1 aprile 2014

“Esaurita la grande risorsa di acqua dolce del lago Tchad, la vita degli oltre 30 milioni di persone che vivono nell’area del Sahel è a rischio. Per questa ragione l’impegno assunto dalla Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli con la Commissione del Bacino del lago Tchad allo scopo di raccogliere fondi per la rivitalizzazione del lago, interpreta nel modo migliore gli obiettivi e i fini della Fondazione stessa.”

Così il Presidente Romano Prodi commenta l’imminente apertura del lavori della Conferenza dei donatori per la rivitalizzazione del lago Tchad che sarà presentata alla stampa a Bologna venerdì, 4 aprile, alle ore 15.30 in Cappella Farnese -Palazzo D’Accursio. I lavori proseguiranno sabato 5 aprile, a Rimini, presso il Grand Hotel.

“Se non sarà contrastato in modo efficace, l’inaridimento del lago provocherà un disastro ecologico, economico ed umano di enormi proporzioni e assisteremmo così all’aggravarsi delle già difficili condizioni di quelle popolazioni la cui sopravvivenza è strettamente connessa alla vita del lago stesso, con il rischio che l’interazione di fattori di fragilità, quali la povertà, possano riaccendere nuovi conflitti in quella zona ed arrivare a minacciare la pace internazionale.”

La Conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa sarà presieduta dal Professor Romano Prodi con un intervento alla presenza dei Capi di Stato e delle delegazioni dei Paesi membri della Commissione per il bacino del Lago.

Parteciperanno alla Conferenza il Presidente della Mauritania e Presidente di turno dell’Unione Africana, Mohamed Ould Abdel Aziz, Il Presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, Il Presidente del Chad, Idriss Déby Itno, la Presidente della Commissione Africana, Nkosazana Dlamini-Zuma e il già Presidente della Nigeria, Olusegun Obasanjo.

Sarà il Sindaco di Bologna, Virginio Merola, a portare il saluto della città.

Saranno presenti inoltre Lapo Pistelli, Viceministro degli affari esteri, Vasco Errani, Presidente della Regione Emilia Romagna, Vincenzo Stingone, Questore di Bologna e Ennio Mario Sodano, Prefetto di Bologna.

L’iniziativa è realizzata anche grazie al contributo

della Banca popolare dell’Emilia Romagna GRUPPO BPER

***

tchadLe acque del lago Tchad rappresentavano una delle più importanti riserve idriche dell’Africa

Oggi, a causa del grave processo di inaridimento e della riduzione della sua superficie, rischia di scomparire. Si tratterebbe di un disastro umanitario ed ecologico di portata enorme che coinvolgerebbe oltre 30 milioni di abitanti della regione saheliana. L’interazione di fattori negativi come la povertà, la fragilità degli Stati, le penetrazioni terroristiche e le diversità culturali hanno già provocato guerre e destabilizzazione in molti paesi dell’area. Un aggravarsi delle condizioni ambientali e di povertà non potrebbe che accentuare tali fenomeni in sede locale, con il rischio di uscire da quelle frontiere e minacciare la stessa pace internazionale.

Con urgenza si è posta quindi all’attenzione, non solo africana, la necessità di invertire tale processo con interventi capaci di ridare vita al lago con nuove prospettive di vita e di sviluppo per le popolazioni che abitano in quella regione. L’iniziativa della conferenza di Bologna è stata promossa, con il determinante appoggio della Fondazione per la Collaborazione fra i Popoli e con il personale impegno del Presidente Prodi, dalla Commissione del bacino del lago Ciad, organismo regionale al quale aderiscono i quattro stati rivieraschi: Camerun, Ciad, Niger, Nigeria più la Repubblica Centrafricana e la Libia. A loro sostegno si sono aggiunti grandi paesi che a vario titolo sono interessati all’impresa e cioè il Sudan, l’Egitto, la Repubblica del Congo (Brazaville) e la Repubblica Democratica del Congo (Kinshasa) in qualità di osservatori.

Mission reconnaissance Ounianga , GCMSi tratta di una coraggiosa assunzione di responsabilità dei paesi africani per risolvere un problema di grandi dimensioni utilizzando risorse proprie e con l’intenzione di rivolgere, da Bologna e Rimini un appello alla comunità internazionale perché dagli studi si passi finalmente alla fase degli interventi mirati per il recupero dell’ecosistema devastato. Oltre 60 delegazioni sono state invitate in rappresentanza di tutte le maggiori Istituzioni finanziarie internazionali del mondo. Analogo invito è stato rivolto alle Organizzazioni di cooperazione bilaterale e multilaterale, alle Fondazioni private ed agli Stati maggiormente presenti in Africa con le loro attività economiche. L’Africa sarà rappresentata ai più alti livelli oltre che dai paesi della Commissione anche dal Presidente di turno dell’Unione Africana e Presidente della Mauritania, Sig. Abdul Aziz, e dal Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Sig. Nkosazana Dlamini-Zuma.

L’iniziativa si propone la realizzazione di imponenti opere idrauliche e gli interventi di adattamento e miglioramento dell’agricoltura, della zootecnia, delle tecniche di irrigazione e dell’organizzazione del lavoro e della produzione. Sono previsti piani progressivi quinquennali con un costo attualmente stimato di oltre un miliardo di dollari e con effetti che si prevedono particolarmente positivi non solo sul piano della lotta alla povertà e della malnutrizione, ma anche su quello della sicurezza e collaborazione regionale.

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6

Apr

Intervento di Romano Prodi all’apertura dei lavori della Conferenza dei donatori per la rivitalizzazione del Lago Tchad

Inserito da rr  - Pubblicato in Lago Tchad

Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli

Commissione del Bacino del Lago Tchad

Conferenza dei donatori

per la rivitalizzazione del Lago Tchad

Bologna – Rimini; Italia 4-5 aprile 2014

–

Intervento del Professor Romano Prodi

Bologna, 4 aprile 2014

A nome della Fondazione per la Collaborazione fra i Popoli, desidero esprimere un caloroso benvenuto a tutti i partecipanti presenti oggi e a quanti animeranno domani la conferenza donatori riunita su iniziativa della Commissione per il Bacino del Lago Ciad al fine di dare avvio al grande progetto di rivitalizzazione del lago omonimo. A questo benvenuto desidero aggiungere la mia personale soddisfazione e il mio deciso incoraggiamento per un’iniziativa che ritengo meritevole del più ampio consenso e di un sostegno senza riserve da parte della comunità internazionale.

Voglio in particolare sottolineare il significato politico di un’intesa fra Stati che hanno deciso di farsi direttamente carico di un drammatico problema che minaccia la sopravvivenza di intere popolazioni e di un ecosistema che rischia di scomparire.

Si parla sempre più spesso da alcuni anni di “rinascimento africano” nel senso di una maggiore capacità dei paesi del continente a far fronte alle innumerevoli sfide a cui sono sottoposti. Penso che questa iniziativa e questa conferenza – che spero possano concludersi con risultati positivi e con l’attivazione sul terreno dei primi interventi da essa previsti – rappresenti una manifestazione forte, importante ed irreversibile di questo “rinascimento”.

Sappiamo tutti che per motivi diversi il lago Ciad sta scomparendo. Negli ultimi 50 anni uno dei maggiori bacini di acqua dolce dell’Africa ha visto ridurre la propria superficie di quasi il 90% (da oltre 25 000 km2 a meno di 2500 km2). Un danno enorme per l’equilibrio ambientale e per la vita di popolazioni sempre più numerose che vivono in zone desertiche. Se continueremo ad osservare il fenomeno senza reagire; a studiarne le caratteristiche senza affrontarne le cause; ad accusarci reciprocamente aspettando che qualcun altro intervenga al nostro posto senza assumere le nostre responsabilità, non potremo aspettarci altra conclusione che il prosciugamento definitivo di quello che resta del lago. Un disastro ecologico ed umanitario di enormi proporzioni che non può essere evitato se non intervenendo oggi stesso, con coraggiose e straordinarie iniziative come intendono fare i Paesi più direttamente interessati, chiamandoci a sostenerli in tale azione.

Sono anche molti anni che la società scientifica ed operatori internazionali hanno illustrato diverse proposte di intervento, ciascuna delle quali ha avuto detrattori e sostenitori, e ciascuna delle quali è rimasta poi inapplicata in attesa di una decisone definitiva. Non posso tralasciare di fare qui un particolare riferimento al progetto Transaqua – a cui gli stessi attuali documenti progettuali della Commissione per il Bacino del lago Ciad si richiamano – che oltre un trentennio fa – nei tempi in cui casualmente io ero presente – prospettava l’idea di una grandiosa infrastruttura multifunzionale capace di trasferire un volume considerevole di acqua dal fiume Congo al limitrofo lago Ciad.

Vi sono tuttavia molti altri interventi che debbono essere concordati e rapidamente messi in atto per invertire il processo in corso e per aiutare le popolazioni ad assumersi le responsabilità e i compiti necessari per un generale riscatto dell’area del bacino del lago Ciad.

Concordo quindi con i Governi della Commissione del Bacino sull’urgenza di intervenire e sulla formula adottata, la cui filosofia nel dare concreta attuazione ai lavori immediati ed improcrastinabili per migliorare l’esistente con la contemporanea azione di approfondimento ed aggiornamento degli studi necessari per dare avvio alle opere idrauliche e strutturali che dovranno assicurare la soluzione definitiva del problema.

Non sta a me in questa sede illustrare i contenuti tecnici del programma e le sue caratteristiche né sta a me , tantomeno, manifestare preferenze. Tuttavia, è necessario sottolineare che non sono state solo particolari condizioni geografiche e climatiche ad avere prosciugato le acque del lago. L’uomo e le decisioni degli attori politici di quella regione sono in molta parte responsabili della situazione odierna.

Il programma deve dunque farsi carico di due tipi diversi di fattori. In primo luogo, deve essere fondato su aspetti tecnici quali la riorganizzazione dei sistemi produttivi e la manutenzione e la riabilitazione degli attuali sistemi di irrigazione. In secondo luogo, deve affrontare questioni politiche come il potenziamento della governance locale e della cooperazione internazionale e il monitoraggio qualificato e permanente della situazione.

Tutto ciò va in parallelo con la realizzazione delle indispensabili opere infrastrutturali: dighe e canali che riforniranno il bacino del lago Ciad di un flusso addizionale di acqua derivata dal fiume Ubangi che riuscirà a ristabilire i livelli idrici preesistenti. Tali opere forniranno inoltre energia da fonti rinnovabili e non inquinanti, fondamentale per contribuire allo sviluppo sostenibile della regione.

La mia esperienza di Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite nel Sahel mi ha convinto che sulla instabilità e sui conflitti che insanguinano e rallentano lo sviluppo della regione pesa gravemente la perdurante condizione di povertà di quelle popolazioni. Malgrado una straordinaria capacità di adattamento alle difficili condizioni climatiche, è evidente che queste popolazioni possono contare solo su risorse scarse per far fronte ai più semplici bisogni quotidiani. È normale che in tali condizioni la lotta per la sopravvivenza e per il controllo delle risorse scarse tenda ad acuirsi. La crescita demografica non ha fatto che accentuare le tensioni esistenti e a rendere più complicata la convivenza pacifica. La necessità di agire diventa ancora più drammatica se si tiene conto delle previsioni demografiche, che prevedono aumenti della popolazione ancora più forti nel futuro. Gli Stati della regione soffrono d’altra parte quasi dappertutto di condizioni di fragilità dovute talvolta a differenze culturali tra le popolazioni. Si tratta quindi di paesi caratterizzati da un fragile equilibrio che può essere spezzato da interferenze esterne (ed oggi in primo luogo dalle devastanti azioni del terrorismo internazionale e degli estremismi religiosi) che minano ulteriormente la solidità degli Stati, oppure anche da cause naturali che tendono ad aggravare le condizioni di povertà. Mi è capitato di dire più volte che la pace può essere efficacemente promossa nella regione solo attraverso un più equilibrato e sostenibile sviluppo economico. Sebbene interventi militari, volti a proteggere i diritti umani e a ristabilire la convivenza pacifica, sono talvolta indispensabili, non si può dimenticare che non solo i loro costi vanno ben oltre il pur elevato prezzo per finanziare lo sviluppo economico e sociale, ma i loro effetti non sono spesso né risolutivi né duraturi. La strada per costruire la pace è la strada dello sviluppo e il progetto che ci viene presentato oggi rientra pienamente in questa visione. Progetto la cui solidità risulta rafforzata dalle migliorate prospettive di crescita economica dei Paesi dell’area, in parte dovute alle maggiori disponibilità minerarie.

La Fondazione per la Collaborazione fra i Popoli continuerà ad impegnarsi per sostenere la realizzazione di questa iniziativa. Cercheremo di offrire ai nostri amici africani l’appoggio più convinto. Siamo pronti fra l’altro a dar vita, in collaborazione con il Centro Relazioni con l’Africa della Società Geografica Italiana (CRA-SGI), ad un comitato scientifico di alto profilo ed esperienza per fornire assistenza, consulenza e collaborazione alla Commissione per il Bacino del Lago Ciad per l’attuazione dell’iniziativa. Abbiamo il concreto sostegno del governo italiano e a questo proposito saluto il sottosegretario Lapo Pistelli che è appena giunto in rappresentanza del governo stesso, per rendere operativo tale comitato che è pronto a operare e che si mette fin d’ora a disposizione della Commissione.

Spetta adesso alla comunità internazionale di concorrere con generosità alla riuscita di questo progetto. Si tratta di dare un esempio che deve insegnare che anche i peggiori disastri ambientali, a cui in questo caso ha contribuito anche la mano dell’uomo, possono essere governati con interventi di lungo respiro e in cui vengano coinvolti tutti gli attori politici e sociali locali. Tali interventi devono essere volti a produrre benefici duraturi alle popolazioni e preservare anche la necessaria biodiversità, ristabilendo gli equilibri dell’ecosistema. Essi devono rafforzare allo stesso tempo la collaborazione fra i popoli e migliorare la convivenza pacifica.

Mi auguro dunque che questa conferenza possa mobilitare le risorse necessarie alla realizzazione di questo progetto, a cui la comunità internazionale non deve far mancare sostegno e collaborazione. La Commissione del Bacino Lago Ciad deve da parte sua deve impegnarsi a garantire la trasparenza e l’efficacia dei suoi interventi in piena sintonia con i suoi partner rispettando le naturali esigenze ed aspirazioni di tutte le popolazioni locali.

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5

Apr

Conferenza dei donatori per la Rivitalizzazione del Lago Tchad – Bologna, 4-5 aprile 2014

Inserito da admin  - Pubblicato in Lago Tchad, Riflessioni sul Mondo

Lake-TchadFondazione per la Collaborazione tra i Popoli

Commissione del Bacino del Lago Tchad

Conferenza dei donatori

per la rivitalizzazione del Lago Tchad

Bologna – Rimini; Italia 4-5 aprile 2014

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“Esaurita la grande risorsa di acqua dolce del lago Tchad, la vita degli oltre 30 milioni di persone che vivono nell’area del Sahel è a rischio. Per questa ragione l’impegno assunto dalla Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli con la Commissione del Bacino del lago Tchad allo scopo di raccogliere fondi per la rivitalizzazione del lago, interpreta nel modo migliore gli obiettivi e i fini della Fondazione stessa.”

Così il Presidente Romano Prodi ha commentato l’ apertura del lavori della Conferenza dei donatori per la rivitalizzazione del lago Tchad che è stata presentata alla stampa a Bologna venerdì, 4 aprile, alle ore 15.30 in Cappella Farnese -Palazzo D’Accursio. I lavori sono continuati sabato 5 aprile, a Rimini, presso il Grand Hotel.

“Se non sarà contrastato in modo efficace, l’inaridimento del lago provocherà un disastro ecologico, economico ed umano di enormi proporzioni e assisteremmo così all’aggravarsi delle già difficili condizioni di quelle popolazioni la cui sopravvivenza è strettamente connessa alla vita del lago stesso, con il rischio che l’interazione di fattori di fragilità, quali la povertà, possano riaccendere nuovi conflitti in quella zona ed arrivare a minacciare la pace internazionale.”

In apertura della Conferenza il Presidente Romano Prodi ha letto il messaggio del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano.

I lavori sono proseguiti con l’ intervento del Professor Romano Prodi alla presenza dei Capi di Stato e delle delegazioni dei Paesi membri della Commissione per il bacino del Lago.

Hanno partecipato alla Conferenza il Presidente della Mauritania e Presidente di turno dell’Unione Africana, Mohamed Ould Abdel Aziz, Il Presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, Il Presidente del Chad, Idriss Déby Itno, la Presidente della Commissione Africana, Nkosazana Dlamini-Zuma e il già Presidente della Nigeria, Olusegun Obasanjo.

Il Sindaco di Bologna Virginio Merola, ha portato il saluto della città.

Hanno partecipato anche Lapo Pistelli, Viceministro degli affari esteri, Vasco Errani, Presidente della Regione Emilia Romagna, Vincenzo Stingone, Questore di Bologna e Ennio Mario Sodano, Prefetto di Bologna.

Al termine dei lavori, conclusisi sabato 5 aprile, a Rimini, presso il Grand Hotel, è stata redatta ed approvata la “Dichiarazione di Bologna” dei donatori per il finanziamento del piano quinquennale di investimento per la rivitalizzazione del Lago Tchad.

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L’iniziativa è stata realizzata anche grazie al contributo

della Banca popolare dell’Emilia Romagna GRUPPO BPER

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tchadLe acque del lago Tchad rappresentavano una delle più importanti riserve idriche dell’Africa

Oggi, a causa del grave processo di inaridimento e della riduzione della sua superficie, rischia di scomparire. Si tratterebbe di un disastro umanitario ed ecologico di portata enorme che coinvolgerebbe oltre 30 milioni di abitanti della regione saheliana. L’interazione di fattori negativi come la povertà, la fragilità degli Stati, le penetrazioni terroristiche e le diversità culturali hanno già provocato guerre e destabilizzazione in molti paesi dell’area. Un aggravarsi delle condizioni ambientali e di povertà non potrebbe che accentuare tali fenomeni in sede locale, con il rischio di uscire da quelle frontiere e minacciare la stessa pace internazionale.

Con urgenza si è posta quindi all’attenzione, non solo africana, la necessità di invertire tale processo con interventi capaci di ridare vita al lago con nuove prospettive di vita e di sviluppo per le popolazioni che abitano in quella regione. L’iniziativa della conferenza di Bologna è stata promossa, con il determinante appoggio della Fondazione per la Collaborazione fra i Popoli e con il personale impegno del Presidente Prodi, dalla Commissione del bacino del lago Ciad, organismo regionale al quale aderiscono i quattro stati rivieraschi: Camerun, Ciad, Niger, Nigeria più la Repubblica Centrafricana e la Libia. A loro sostegno si sono aggiunti grandi paesi che a vario titolo sono interessati all’impresa e cioè il Sudan, l’Egitto, la Repubblica del Congo (Brazaville) e la Repubblica Democratica del Congo (Kinshasa) in qualità di osservatori.

Mission reconnaissance Ounianga , GCMSi tratta di una coraggiosa assunzione di responsabilità dei paesi africani per risolvere un problema di grandi dimensioni utilizzando risorse proprie e con l’intenzione di rivolgere, da Bologna e Rimini un appello alla comunità internazionale perché dagli studi si passi finalmente alla fase degli interventi mirati per il recupero dell’ecosistema devastato. Oltre 60 delegazioni sono state invitate in rappresentanza di tutte le maggiori Istituzioni finanziarie internazionali del mondo. Analogo invito è stato rivolto alle Organizzazioni di cooperazione bilaterale e multilaterale, alle Fondazioni private ed agli Stati maggiormente presenti in Africa con le loro attività economiche. L’Africa sarà rappresentata ai più alti livelli oltre che dai paesi della Commissione anche dal Presidente di turno dell’Unione Africana e Presidente della Mauritania, Sig. Abdul Aziz, e dal Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Sig. Nkosazana Dlamini-Zuma.

L’iniziativa si propone la realizzazione di imponenti opere idrauliche e gli interventi di adattamento e miglioramento dell’agricoltura, della zootecnia, delle tecniche di irrigazione e dell’organizzazione del lavoro e della produzione. Sono previsti piani progressivi quinquennali con un costo attualmente stimato di oltre un miliardo di dollari e con effetti che si prevedono particolarmente positivi non solo sul piano della lotta alla povertà e della malnutrizione, ma anche su quello della sicurezza e collaborazione regionale.

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Click qui per una selezione dalla Rassegna Stampa

(aggiornata al 27 maggio 2014)

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5

Apr

Dalla Rassegna stampa sulla Conferenza per la rivitalizzazione del lago Tchad

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Una selezione dalla Rassegna Stampa

(aggiornata al 27 maggio 2014)

SONY DSCl’Espresso

  • Salviamo il lago contro Boko Haram

Africa e Affari

  • L’Europa armonizzi la sua politica e l’italia smetta di chiudere gli occhi

InfoAfrica

  • Lago Chad, a Bologna e Rimini con Prodi per Conferenza Internazionale
  • Lago Chad: da Bologna un appello per mobilitare la comunità internazionale
  • A colloquio con Prodi e Obasanjo: rivitalizzare il lago Ciad significa sviluppo e sicurezza (1)
  • A colloquio con Prodi e Obasanjo: rivitalizzare il lago Ciad significa sviluppo e sicurezza (2)
  • Conferenza lago Ciad: Pistelli Ecco perchè all’Italia il ruolo di facilitatore
  • Conferenza lago Ciad a Rimini limpegno dei donatori internazionali

AtlasWeb

  • Da Bologna un appello al mondo per salvare il Lago Chad
  • Salvare il Lago Ciad da Rimini il rilancio della mobilitazione internazionale

La Republica

  • Summit a Bologna per l’Emergenza Tchad
  • Prodi e i leader africani a Bologna per parlare dell’emergenza Tchad

Il Sole 24 Ore

  • Effetto serra il lago Chad rischia di scomparire
  • Un piano internazionale per salvare il lago Chad

Corriere Della Sera

  • Allarme siccità, il lago Chad rischia di scomparire
  • Piu’ investimenti per salvare il Lago Ciad

Il Secolo XIX

  • Summit emergenza Tchad. Prodi: “Dare una mano, altrimenti africani verranno qui”

lake-chad2OltreRadio

  • Emergenze Africa. Parla Romano Prodi

AltaRimini

  • Africa: a Rimini si cerca aiuto per salvare il lago Ciad, a rischio di scomparsa

Ingegneri CC

  • Evitare la scomparsa del lago Chad: ci vogliono ingegneri e competenze tecniche
  • Rimini: Ordine Ingegneri, ‘Evitare scomparsa del Lago Chad’

________________________

Afrique – Asie (F)

  • Lac Tchad: Une nouvelle ère ?
  • Prodi: “Il faut avoir une vision d’ensemble”
  • Pur sauver le lac, la CBLT gagne en dynamisme

Radio Vaticana (VA)

  • Lago Ciad: per salvarlo chiesti fondi e cordinamento

RtV San Marino (RSM)

  • Rimini: intervista a Romano Prodi alla Conferenza per la rivitalizzazione del lago Tchad

Journal du Tchad (TCH)

  • Bologne: l’UE au chevet du lac Tchad

Adiac Congo (RCB)

  • Le salut du lac Tchad passe aussi… par Bologne !
  • Romano Prodi insiste : sauver le lac Tchad est un impératif mondial !

Tahalil (RIM)

  • Table ronde sur le financement du plan quinquennal d’investissement dans le Bassin du Lac Tchad

Cameroon 1 (CAM)

  • Le Salut Du Lac Tchad Passe Aussi… Par Bologne !

lake-chad3Le Sahel (-)

  • Table ronde des Bailleurs de fonds de la CBLT, à Bologne et à Rimini, (en Italie)/Plaidoyer pour la préservation du Lac Tchad

MISNA (-)

  • Lac Tchad : Urgence de fonds et de coordination. Á La Une Économie et Politique Nature et environnement

All Africa (-)

  • Sauver le lac Tchad est un impératif mondial
  • Afrique Centrale: Romano Prodi insiste – Sauver le lac Tchad est un impératif mondial !

RFI (F)

  • Lac Tchad: la conférence de Rimini marque une prise de conscience
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